Tra i vincitori del Canadian Immigrant Awards che premia gli stranieri residenti in Canada che si sono distinti per attività meritorie nel Paese, quest’anno c’è anche Maziar Heidari. Il compositore iraniano si è segnalato per la sua sperimentazione musicale che vuole creare un ponte tra le culture, usando le note.
«Premiamo chi è venuto nel nostro Paese e ha fatto la differenza, scegliendo di vivere qui». Spiegano con queste parole (così diverse da certo lessico occidentale dell’«invasione»), gli organizzatori del premio che omaggia i migranti residenti in Canada che si sono distinti per la loro opera. Il «Top 25 Canadian Immigrant Award» è un riconoscimento nato nel 2009 per segnalare uno straniero per il suo contributo sociale o per la sua professionalità a servizio della comunità: avvocati, imprenditori, uomini di cultura e volontari si ritrovano fianco a fianco nella classifica finale dei 25 premiati, che anche quest’anno è appena stata resa nota.
Nella lista 2017, c’è anche un musicista e precisamente un compositore e direttore d’orchestra originario dell’Iran ma residente a Toronto: il suo nome è Maziar Heidari. «Ho iniziato a studiare il piano all’età di 5 anni: era terribile stare seduto nello stesso posto e fare esercizi per un’ora e mezza – ricorda – Lo odiavo, ma crescendo ho capito che se non sei un chiacchierone, la musica è il milgior modo per esprimere te stesso».
Heidari ha quindi continuato a studiare con il compositore Farhad Fakhreddini (famoso in Iran) che lo ha avvicinato al repertorio dell’Iran National Music Orchestra, aprendogli le porte alla composizione: «È incredibile il sentimento che provi quando senti la tua musica suonata per la prima volta. Senti vivere il mondo che hai percepito e che hai trasformato in note».
Trentaquattro anni, una carriera ben avviata in Iran, ma la necessità di migrare a Toronto insieme alla moglie: è un nuovo inizio. Heidari si rende conto di dover ricominciare da capo per poter stare al passo con l’industria musicale canadese e dunque si iscrive all’Università della città dove prende il diploma di direttore d’orchestra. Ricomincia dal basso e, di commissione in commissione, si ricostruisce una rete che oggi comprende il National Ballet of Canada e la Thirteen String Orchestra di Ottawa.
Heidari però non dimentica le sue origini, neppure musicalmente parlando. Decide quindi di portare in Canada sonorità sconosciute alle partiture occidentali e sempre più spesso nelle sue composizioni inserisce tonalità persiane. La sua sperimentazione è così rivoluzionaria nell’ambiente che gli accordatori delle più famose camere da concerto canadesi all’inizio si rifiutano di assecondarlo e non regolano gli strumenti per quelle insolite sonorità. Ma Heidari continua in questa linea e nel 2011 insieme a quattro colleghi e connazionali fonda il gruppo Iranian-Canadian Composers of Toronto (ICOT). Per mesi il gruppo gira il Paese con il concerto «Persian Piano Night», un’idea venuta – spiega Saman Shahi, uno dei membri – «rendendoci conto che tutti noi nelle nostre composizioni per piano solo inserivano qualcosa che aveva a che fare con l’Iran». Ed ecco dunque suoni prodotti con il pizzico delle corde o utilizzando il legno dello strumento, impensabili per partiture classiche tradizionali: «Usiamo il corpo dello strumento, – racconta la donna del gruppo Afarin Mansouri Tehrani – nessuno lo fa, ecco perché le nostre composizioni suonano poco convenzionali». Lo scopo dell’ICOT dopo tutto non è certo un mistero, come chiarisce proprio Heidari: «Ci piacerebbe far conoscere l’arte e la letteratura persiana: con la musica proviamo a presentarla alle persone di tutte le etnie. Vogliamo fare un ponte tra le culture».
Oggi per condividere il suo modo d’intendere la musica (dalla composizione, alla pratica, all’insegnamento), Heidari ha costruito pure un marchio e accoglie nella sua comunità professionale giovani musicisti iraniani appena arrivati in Canada. «Vederli comporre la loro musica qui è meraviglioso e mi basta» dice Heidari, ma grazie al Canadian Immigrant Awards la sua opera non è più solo un’operazione valida dal punto di vista musicale, ma un esperimento (riconosciuto) di integrazione.