In Svezia dal 2012 sono quadruplicate le squadre di cricket come conseguenza dell’arrivo di 400mila richiedenti asilo prevalentemente originari di Afghanistan e Pakistan, dove il cricket è una passione nazionale. Grazie a loro, per la seconda volta nella sua storia, la nazionale svedese di cricket tenterà di qualificarsi ai mondiali
Gli sbarchi di migranti sulle coste europee non hanno mai surriscaldato tanto gli animi nel continente. Soprattutto in Italia, discusse prese di posizioni a livello politico hanno raggiunto presto la pancia del Paese, accendendo – a livello familiare e di comunità – dibattiti sugli effetti positivi o viceversa negativi dell’arrivo di stranieri nella penisola. Le due parti non sono d’accordo su nulla ma riconoscono entrambe che i migranti lasciano un’impronta nei Paesi che li accolgono. A dimostrarlo una volta di più c’è questa bella storia che viene dalla Svezia.
Tutto parte da un dato recentemente divulgato dai giornali svedesi che svela che, dal 2012 a oggi, il paese scandinavo ha quadruplicato le squadre di cricket presenti sul suo territorio. Una statistica insolita per la nazione patria dell’hockey sul ghiaccio, che gli analisti hanno immediatamente collegato all’arrivo negli ultimi sei anni di 400mila richiedenti asilo prevalentemente originari di Afghanistan e Pakistan, dove il cricket è sport nazionale.
Fino a dieci anni fa, mazza, palla e guantoni erano a malapena noti in Svezia. Oggi che invece una domanda di asilo su otto proviene da nazioni asiatiche con una lunga tradizione nel cricket, la Federazione svedese si è dovuta adeguare al flusso migratorio, creando ben 65 nuove squadre in tutto il Paese e inserendo persino nel suo organico una figura dedicata esclusivamente all’integrazione dei nuovi arrivati attraverso lo sport.
«Tre o quattro anni fa – ha spiegato Tariq Zuwak, presidente della Federazione svedese di cricket – avevamo appena 13 club e i giocatori erano 600 o 700». Oggi invece gli atleti sono più di duemila e giocano in quattro diverse categorie: di questo numero metà sono cittadini svedesi (anche se appena una manciata sono nati in Svezia); il restante 50 per cento sta invece aspettando il riconoscimento della cittadinanza.
«I giovani sono preoccupati per il loro processo di asilo – ha detto ancora Zuwak che ha più di chiunque altro il polso della situazione – ma quando giocano a cricket non c’è nient’altro che il divertimento». In questo senso per i richiedenti asilo scendere in campo diventa uno sfogo e un modo per sospendere ansie e paure legate all’attesa per il riconoscimento dello status di rifugiato. Il cricket, inoltre, permette ai migranti di mantenere viva la propria tradizione e i legami con le proprie radici, condividendo un pezzo della propria cultura con il resto degli svedesi. Emblematico il fatto che quest’anno soltanto per la seconda volta nella sua storia, la nazionale svedese di cricket – formata in gran parte da stranieri e allenata dall’ex giocatore pakistano Mohammad Wasin – tenterà di qualificarsi ai mondiali che si terranno in Australia nel 2020 e di rappresentare così il Paese che li ospita.