Domenica 17 gennaio per la Chiesa è la Giornata mondiale dei migranti. Il Pime quest’anno la vive dopo aver aperto all’accoglienza anche le sue case di Roma e Sassari. E il rettore della casa di Sotto il Monte – che ospita i richiedenti asilo già da agosto – racconta la preghiera vissuta insieme a loro il giorno dell’Epifania
Domenica 17 gennaio la Chiesa celebra la Giornata mondiale dei migranti. È un appuntamento che quest’anno assume un significato particolare anche per il Pime, che da qualche mese è si trova anche direttamente coinvolto con alcune delle proprie strutture nell’accoglienza ai richiedenti asilo così tante volte sollecitata da papa Francesco.
Come raccontavamo già qualche mese fa, un’ala della casa natale di Papa Giovanni a Sotto il Monte – donata da Roncalli stesso ai missionari del Pime – dal mese di agosto ospita 63 migranti, in un progetto di accoglienza coordinato dalla Casa di Bergamo. Nel corso degli ultimi mesi del 2015, poi, si sono aggiunte anche altre due iniziative: un piccolo gruppo di migranti è stato accolto anche dalla Casa del Pime di Roma, dove ha sede la direzione generale dell’istituto; inoltre anche a Sassari l’ex seminario del Pime, chiuso da tempo, è stato messo a disposizione per l’accoglienza attraverso una convenzione con una cooperativa locale: già oggi ospita una trentina di migranti, che presto potrebbero diventare anche molti di più. Leggi i dettagli su questi due interventi in questo articolo pubblicato sul numero di gennaio di Mondo e Missione.
Accogliere i migranti non è però solo mettere a disposizione degli spazi: la sfida è incontrarsi davvero e condividere un’esperienza di fraternità. In questo senso un’esperienza molto significativa si è svolta pochi giorni fa – in occasione dell’Epifania – proprio a Sotto il Monte. Così padre Castrese Aleandro, rettore della Casa del Pime nel paese natale di papa Giovanni, racconta quanto è successo:
«Ricordate gli amici immigrati? Sono 63 e provengono da varie parti del mondo: Ghana, Guinea Bissau, Nigeria, Pakistan, Afghanistan e Bangladesh. Da alcuni mesi abitano presso di noi, nell’edifico a lato del seminario: il giorno dell’Epifania – giornata tutta speciale per noi missionari, perché è il giorno in cui commemoriamo la manifestazione di Gesù ai popoli – le famiglie di Sotto il Monte hanno accolto con molta gioia l’idea di invitare a pranzo nelle proprie case uno o due amici immigrati, lanciata dall’Ufficio per la pastorale dei migranti della diocesi di Bergamo. Come non vedere in tutto ciò la misteriosa e affabile presenza Giovani XXIII che ci accompagna e sostiene?
Anch’io ho voluto partecipare all’evento e sono stato in una famiglia. Seppur con la difficoltà di comunicare (loro parlano ancora poco l’italiano, e io parlo poco l’inglese), c’è stato un clima bello e fraterno. Era inevitabile guardare i due amici stranieri e riconoscere in loro il volto di Gesù. Al termine del pranzo poi ha fatto seguito un intenso e caloroso momento di preghiera interreligiosa. Tutti ci siamo ritrovati nell’atrio del seminario della Casa natale di san Giovanni XXIII e insieme abbiamo ringraziato Dio per averci fatti incontrare e per permetterci di percorrere insieme alcuni momenti della nostra storia. La preghiera si è svolta ordinatamente. Abbiamo pregato e riflettuto su due temi tratti dalla figura di Abramo. La persona di Abramo, infatti, lega le tre grandi religioni monoteiste: cristianesimo, ebraismo e islam.
Il primo punto della riflessione-preghiera sottolineava il coraggio e l’audacia che il nostro padre Abramo ebbe nell’accogliere senza timore gli uomini che si presentarono a lui. Sta scritto, infatti, «Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui». Credo che sia diventato più chiaro a tutti che l’accoglienza, come sottolinea molte volte papa Francesco, è centrale nella vita cristiana. Solo l’accoglienza gratuita e libera conduce a condividere anche la tavola. Infatti, nella tradizione ebraica e cristiana la tavola è il momento-incontro in cui sia gli occhi sia il cuore accolgono gli «stranieri» e li riconoscono come fratelli.
Il secondo tema è stato tratto dallo stesso episodio biblico narrato nel libro del Corano (il libro sacro dell’Islam) letto da un nostro fratello immigrato. In quella pagina è sottolineata la «benedizione» che scende su coloro che accolgono gli stranieri. Infatti, la visita di questi uomini porta con se e rivela il futuro ad Abramo: «…Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio». (Gn18,14b). Così, fratelli e sorelle carissime, l’accoglienza di Abramo e quella che ciascuno di noi vive diventa davvero promessa di un futuro di vita, storia che continua.
Cari amici e amiche, desidero con tutto il cuore che anche voi possiate fare esperienza dell’accoglienza e della benedizione di Dio. Non abbiate timore. L’anno della Misericordia, voluto da papa Francesco per tutta la Chiesa, ci trovi pronti e disposti a camminare con Dio aprendoci a tutti coloro che incontriamo».