Dopo Sotto il Monte, anche le case del Pime di Roma e Sassari hanno aperto le porte ai migranti: 4 nella casa generalizia e 36 in Sardegna: donne, uomini e minori. E pure una squadra di calcio
Due mesi fa raccontavamo su questa rivista della scelta del Pime di aderire all’appello rivolto da Papa Francesco per l’accoglienza dei migranti. E presentavamo l’esperienza della Casa di Sotto il Monte (Bg), che dal mese di agosto – in collaborazione con la Caritas di Bergamo – ospita una sessantina di richiedenti asilo. È stato però solo il primo passo: in autunno, altre due strutture del Pime in Italia si sono infatti aggiunte in questo gesto. E una delle due è proprio la Casa generalizia di Roma, dove risiedono il superiore generale e la direzione dell’istituto.
Nell’edificio di via Guerrazzi le porte ai migranti si sono aperte concretamente l’11 novembre: d’intesa con la Caritas di Roma, a essere accolti sono quattro giovani provenienti da Mali, Senegal, Gambia e Nigeria, tutti richiedenti asilo in attesa che venga vagliata la loro domanda di riconoscimento come rifugiati politici (una fase che con i tempi della burocrazia italiana si prolunga anche per un anno). Da qualche settimana – dunque – queste persone vivono nella stessa struttura dove abitano i padri che svolgono il loro ministero a Roma.
«Lo scopo di questo periodo – ha spiegato in una nota il rettore della casa, padre Franco Legnani – è di accompagnarli nell’inserimento nella realtà italiana, aiutarli ad andare oltre la sopravvivenza, credere nel futuro ed aiutarli a fare dei progetti. Per noi, come comunità, questa ospitalità vuole anche essere un segno e un aiuto per vivere il Giubileo della misericordia».
Prima ancora di Roma – però – era stata la volta di un’altra casa del Pime, quella di Sassari, che potrebbe diventare presto quella in assoluto più impegnata su questa frontiera. Era nata negli anni Cinquanta come seminario minore: tra i missionari che vi studiarono c’è anche padre Salvatore Carzedda, morto martire nelle Filippine nel 1992. Con la crisi delle vocazioni – però – anche in Sardegna il seminario ha da tempo chiuso i battenti.
La diocesi di Sassari aveva avanzato il sogno di realizzare lì una cittadella della carità e proprio con questo spirito il Pime aveva messo a disposizione gli spazi, ospitando da subito gli uffici della Caritas diocesana. Il progetto – però – è rimasto in sospeso, mentre i fratelli che hanno bisogno bussano adesso. Così – quando le navi con i migranti salvati nel Mediterraneo hanno iniziato ad arrivare direttamente a Cagliari – la struttura è stata messa a disposizione per l’emergenza. Ed è stato stipulato un accordo con la Cooperativa Sdp, una realtà locale che gestisce l’accoglienza sul territorio.
«I migranti sono arrivati qui il 19 ottobre – racconta padre Ilario Bianchi, rettore della casa di Sassari – sono 36 tra donne e ragazzi, tutti dall’Africa. Mali, Nigeria e Guinea Conakry i principali Paesi di provenienza. La cooperativa li ha sistemati in un’ala già immediatamente utilizzabile, ma noi abbiamo messo a disposizione anche il resto della struttura: potrebbe arrivare a ospitarne fino a 150».
Anche in questo caso si tratta di accoglienza a richiedenti asilo: «L’idea – spiega il direttore della Cooperativa Sdp, Pierpaolo Cermelli – è riservare la parte più piccola già in uso a situazioni di particolare protezione, come i minori non accompagnati. Ma anche per la struttura più grande abbiamo dato una disponibilità che comprende ragazzi con esigenze di protezione sanitaria. Lo spazio a disposizione è adatto, stiamo aspettando una risposta dalle autorità. Con il Pime è come trovarci a casa: voi missionari capite bene quali sono le situazioni da cui vengono questi ragazzi e i loro bisogni».
Accogliere non è comunque solo mettere a disposizione dei muri. E allora la presenza di padre Ilario – che ha alle spalle la missione in Camerun, oltre che in Brasile – è preziosa: «Ho invitato i cristiani del gruppo a venire a Messa da noi, nella chiesa di Santa Maria di Pisa. La prima volta sono venuti timidamente, ma erano attenti, partecipavano. Così la gente spontaneamente è andata a dare loro il segno della pace. Ora vengono tutti i sabati e le domeniche. E con loro vorremmo creare un ambiente accogliente, dove anche nella liturgia si sentano a casa con i loro canti e i loro ritmi».
C’è però anche un segno decisamente più “laico” che sta facendo breccia: la squadra di calcio della Asd Pagi, messa in piedi dalla Cooperativa Sdp con i ragazzi dei propri centri e una formazione tutta composta da richiedenti asilo. «Grazie a un permesso speciale della Figc – racconta Cermelli – abbiamo potuto iscriverla al campionato di Seconda categoria. Ogni domenica giocano in giro per la Sardegna, i giornali e la tv ci hanno fatto diventare popolari. E con le altre squadre a fine partita il terzo tempo è sempre una festa».