Teen immigration

Sono migliaia e vengono da molto lontano. Da soli e alla soglia della maggiore età. Un fenomeno che ha sfidato due studiose che hanno aperto le porte delle loro case. Spalancandone molte altre… Anna ed Elena Granata lo raccontano in un libro che verrà presentato al Centro Pime di Milano sabato 19 alle 17,30
«Il lontano diventa familiare, intercetta il tuo destino e diviene compagno di viaggio». È l’esperienza che hanno vissuto Anna ed Elena Granata – insieme a una quarantina di altre famiglie – e che hanno raccontato nel libro “Teen Immigration. La grande migrazione dei ragazzini” (Vita e Pensiero) e che presenteranno sabato 19 settembre alle 17,30 al Centro missionario Pime (ingresso via Mosé Bianchi 94) nell’ambito del Congressino, la festa di inizio anno al Pime. Teen immigration è il racconto di un lontano che diventa familiare non solo in senso metaforico. L’esperienza delle due autrici, infatti, non è solo quella di studiose dei fenomeni migratori – Anna Granata è ricercatrice in Pedagogia interculturale all’Università di Torino ed Elena Granata è professore di Urbanistica al Politecnico di Milano -, ma è anche quella dell’accoglienza diretta, familiare appunto, di alcuni di questi migranti ragazzini che si sono riversati nel nostro Paese (e in tutta Europa) come mai prima nella storia. Secondo l’Unhcr, tra il 2014 e il 2017, sono arrivati in Europa 1 milione 800 mila profughi, tra i quali 433 mila minorenni. Nello stesso periodo, in Italia, sono sbarcati poco più di 67 mila minori stranieri non accompagnati (Msna). Al 31 dicembre 2019 ne risultavano presenti circa 6 mila. Più del 90 per cento sono maschi, oltre l’80 per cento ha tra i 16 e i 17 anni. I principali Paesi di provenienza sono Albania, Egitto, Pakistan, Bangladesh, Kosovo e Costa d’Avorio seguiti da Tunisia, Gambia, Senegal, Guinea e Mali. Partono giovanissimi e impiegano mesi o addirittura anni prima di arrivare nel nostro Paese. Si mettono in viaggio dall’Africa subsahariana, ma anche da terre lontanissime come il Bangladesh o il Pakistan. Spesso vivono esperienze orribili, traumatiche, devastanti, specialmente se sono costretti a soggiorni forzati in Libia. Sono molte meno – ma sono comunque migliaia – anche le ragazzine che hanno intrapreso questi viaggi della speranza e si sono ritrovate quasi sempre nelle reti di trafficanti e sfruttatori che spesso le costringono a prostituirsi.
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