Si conclude questa sera il Festival della Missione che ha animato la città di Milano per quattro giorni con circa 30 mila presenze. Le parole dell’arcivescovo Delpini
«Festival significa festa: che nessuno lasci Milano dopo questo Festival senza avere un motivo personale o di gruppo per seminare gioia. Ci sia festa nei cuori perché noi celebriamo qui la festa della Pasqua del Signore»: così l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, all’inizio della Messa in Duomo conclusasi poco fa si è rivolto ai partecipanti al Festival della Missione.
Aggiungendo nell’omelia: «Nelle nostre comunità cristiane d’Italia serpeggia una intima persuasione di impotenza. Facciamo tante cose belle, ma manchiamo lo scopo di tutto: far conoscere Gesù, far percepire il suo amore, la sua attrattiva». Ma «la vita cristiana è quel darsi molto da fare per abbandonarsi, per lasciarsi fare. I frutti dell’albero non sono il risultato di una nuova tecnica di coltivazione, ma sono il dono di Dio, l’opera di Dio”.
Il Festival, iniziato giovedì, si conclude oggi pomeriggio con un concerto di pace in piazza Vetra alle spalle di quelle Colonne di San Lorenzo che sono state per quattro giorni il cuore delle iniziative, concerto in cui interverranno – esibendosi insieme – il compositore e pianista russo Alexey Kurbatov e la cantante ucraina Anna Tchikovskaya.
I 29 incontri del programma principale hanno registrato almeno 15mila presenze e altrettante – portando il totale dei partecipanti a 30mila – sono state le persone che hanno seguito gli eventi del programma parallelo “Il Festival è anche”: presentazioni di libri, mostre, laboratori, proiezioni e gli speciali aperitivi in oltre 30 locali del centro dove 120 missionari (religiosi e laici) hanno portato la loro testimonianza.
Promosso da Fondazione Missio e Conferenza degli istituti missionari italiani, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano, il Festival ha dunque concluso la sua seconda edizione, dal titolo “Vivere per dono”, dopo quella svoltasi a Brescia nel 2017. Più di 100 gli ospiti, italiani e stranieri, oltre 200 i volontari e almeno 20 le parrocchie e gli istituti religiosi che si sono mobilitati per l’accoglienza; oltre alle Colonne di San Lorenzo e a Piazza Vetra, sono state 8 le piazze del centro storico coinvolte (insieme ad altri luoghi significativi come l’Università Cattolica e il carcere di San Vittore); uno sforzo reso possibile anche grazie a 70 partner tra istituzioni, associazioni, fondazioni e aziende (in particolare Fondazione Cariplo, Confcooperative Lombardia e Cuore Amico onlus).
A testimonianza del seguito riscosso dal Festival, sono andati rapidamente esauriti i 5mila “semi di missione” distribuiti ai partecipanti come segno e ricordo della manifestazione. È l’invito a compiere un piccolo gesto: “mettere un seme” che rappresenta lo spirito dell’impegno missionario di chi cerca di “vivere per dono” e con pazienza aspetta che il seme germogli e cresca.
Il direttore generale del Festival, Agostino Rigon, dichiara: «Giorni pieni di meraviglia! Stupore puro nel constatare che di fronte alle tante sfide che abbiamo davanti come umanità, abbiamo condiviso visioni, sogni e resistenze che ci accomunano, persone e popoli che si battono per un mondo più fraterno e giusto. È stato un turbinio di incontri, un caleidoscopio di voci, una sinfonia di umanità. La missione vista e raccontata da chi ogni giorno con la sua credibilità rende il Vangelo carne viva. È stata pura grazia poter stare qui e vivere questa esperienza. A noi la responsabilità di dare ali al soffio dello Spirito che ci ha avvolti e impregnati in questi giorni di grazia».
Secondo Lucia Capuzzi e Alessandro Galassi, direzione artistica del Festival, «questi giorni sono stati un dono inatteso che ha sorpreso per primi noi. Le persone hanno risposto al nostro invito con un entusiasmo e una partecipazione toccanti. Ciò che più ci ha colpiti è stato vedere tanti passanti, fermarsi incuriositi. Avevamo detto che, come direzione artistica, ci saremmo ritenuti fortunati se fossimo riusciti a suscitare almeno una domanda in una donna o in un uomo venuti a San Lorenzo per caso. Possiamo, dunque, dirci molto soddisfatti. E grati alle centinaia di relatori, volontari, animatori che ci hanno permesso di poter dire: “Missione compiuta”».
«È stato un incontro: di sguardi, esperienze, storie, intrecci e missioni – sottolinea padre Piero Masolo, direttore operativo del Festival -. Passione e gioia, tanta, che straborda dalle 30mila presenze a questi quattro giorni di Festival per irrigare vite e percorsi di ciascuno. Grazie specialmente ai 200 volontari, ai 250 relatori e testimoni, agli oltre 70 partner diversi per aver reso possibile questo splendido incontro».
«Un grande impasto fatto di incontri, parole ascoltate e dette, intuizioni avute, ma soprattutto sorrisi, emozioni ed esperienze. E anche preghiera. Questo è stato il Festival della Missione – dichiara mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale dell’Arcidiocesi di Milano-. Ci ha mostrato una Chiesa in forte trasformazione, consapevole che non si può rimanere in adorazione delle ceneri di quello che non c’è più, ma che occorre fare di tutto per custodire il fuoco della missione che Gesù ci ha affidato. Abbiamo potuto sperimentare che tutto il mondo è terra di missione, anche Milano. Abbiamo sperimentato l’essere missionari nelle nostre piazze e nelle nostre vie. E l’esperienza ci ha donato entusiasmo. Un buon punto di partenza. Ora occorre continuare». (S. Femminis, Responsabile Ufficio Comunicazioni sociali Arcidiocesi di Milano)
Di seguito, l’omelia dell’arcivesvovo di Milano, Mario Delpini
Non dica l’eunuco: ecco io sono un albero secco!
La desolazione dell’impotenza.
Mentre si raccontano le meraviglie della carità, mentre si rilegge la gloria di una storia, mentre si affaticano i volontari dell’intraprendenza intelligente, mentre si ascoltano con ammirazione e compassione le testimonianze di fratelli e sorelle che si fanno voce di Chiese che vivono, celebrano, sperano e soffrono in altri paesi di questo piccolo pianeta, si insinua però come un velo di tristezza, un senso di sconfitta.
Nelle nostre comunità cristiane d’Italia serpeggia una intima persuasione di impotenza. Facciamo tante cose belle, ma manchiamo lo scopo di tutto: far conoscere Gesù, far percepire il suo amore, la sua attrattiva. Siamo contenti di aver scelto di seguire Gesù nella vita consacrata, come preti, suore, consacrati e consacrate; siamo contenti di aver vissuto il matrimonio come vocazione santa; siamo contenti di avere dato volto alla nostra comunità, al nostro calendario, al nostro territorio. Siamo contenti, ma vediamo le cose andare a finire, siamo come un alberto secco. Ha prodotto tanti frutti dolcissimi, ma adesso è inutile, non produce più niente. Siamo contenti di aver vissuto la nostra vocazione, ma adesso non riusciamo a convincere che la nostra vocazione ha una attrattiva meravigliosa.
- Il rimprovero del profeta.
Il profeta, in nome di Dio, rimprovera chi si sente un ramo secco, chi si sente uno straniero escluso dalla festa che Dio prepara per il suo popolo.
Il profeta rimprovera quindi anche le nostre comunità e ciascuno di noi che lamenta la sua incapacità di generare, il suo rassegnarsi al declino.
Ma il rimprovero del profeta non propone come rimedio una ricetta per contrastare il declino o per incrementare l’efficacia. Attesta invece la promessa: l’eunuco … lo straniero … li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera (Is 56,7). Dio si prende cura della gioia del suo popolo e chiede al suo popolo di fidarsi di lui. La vita cristiana è quel darsi molto da fare per abbandonarsi, per lasciarsi fare. I frutti dell’albero non sono il risultato di una nuova tecnica di coltivazione, ma sono il dono di Dio, l’opera di Dio.
Accogliete il dono di Dio, lasciatevi condurre, voi tutti che non sapete dove andare, che non sapete come fare. Accogliete il dono, continuare a sorprendervi dalla manifestazione dell’opera di Dio che ci compie in Gesù.
- Vivere perdono
Come potrà essere la vita di chi vive del dono che riceve, di chi ospita la grazia di Dio? L’originalità della manifestazione di Dio rende i discepoli originali. E la pagina del Vangelo descrive l’originalità cristiana.
Quali tratti possono rendere riconoscibile l’originalità cristiana? Quale spirito anima questo Festival della Missione e la partenza verso la missione che celebriamo?
I cristiani sono originali. Sono grati. Sono lieti. Sono Rendono grazie. Sono pieni di speranza. in virtù della speranza e della consolazione che provengono dalle Scritture teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Gesù Cristo, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. (Rm 15,4-7).
I cristiani sono originali. Non fanno il bene solo a coloro da cui si aspettano il bene, ma fanno il bene anche a chi fa loro del male. L’originalità cristiana è la conformazione al Dio – Amore. L’originalità cristiana è la misericordia: siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso. La misericordia nasce dal cuore di Dio che si prende cura dei suoi figli. Non si muove da un calcolo di efficacia, ma da una docilità allo Spirito; non è una ingenua accondiscendenza, ma annuncia e attesta un umanesimo della fiducia nell’umanità dell’uomo e nella fedeltà di Dio.
I cristiani sono originali, vivono per essere dono, fino al perdono. Abitano la terra per seminarvi la riconciliazione. Sono operatori di pace, perché non possono rassegnarsi all’ingiustizia, ma non ritengono che il rimedio all’ingiustizia sia la violenza, piuttosto la mitezza, la perseveranza, l’intercessione.
I cristiani sono originali. Sono convinti che la vita sia vocazione. Ascoltano la voce che chiama e rispondono: Amen, sì, amen! Sì questa è la mia vita fare della vita un dono. Si interrogano sulle proprie scelte di vita, sullo stile quotidiano e sulle decisioni definitive e dicono sì, amen! Così voglio vivere, come un dono, sì amen!
Dunque quattro parole affido al nostro cammino: il rendimento di grazie, la misericordia, la riconciliazione, la vocazione.