La missione nella città si fa anche attraverso l’accoglienza di chi non ha nulla, neppure una casa. È l’esperienza dei saveriani di Salerno che, insieme alle molte attività di animazione missionaria, hanno aperto la loro sede a nuove necessità e sfide
Un posto per i senzatetto dove ripararsi dal freddo, un luogo di incontro con i ragazzi per parlare di pace e ambiente, ma anche per riflettere con i laici impegnati. La storica casa dei missionari saveriani di Salerno è anche questo. Oltre a ospitare le attività dei missionari e del laicato saveriano, la grande struttura di via Acquaviva si è aperta a nuove necessità. I missionari, che nelle parrocchie di Salerno aiutano i parroci, portano un annuncio di mondialità, creando legami tra il loro istituto e la chiesa locale.
Ferdinandus Supandri, 39 anni, indonesiano, dal 2016 è nella comunità di Salerno. Animatore vocazionale, è anche viceparroco: «L’animazione è rivolta ai giovanissimi dai 13 anni in su, in parrocchia e nella nostra comunità. Usciamo dall’Istituto per incontrare la gente nei luoghi dove vive: dalle scuole ai quartieri alle chiese. Allo stesso tempo, parliamo di noi, di chi è il missionario, e invitiamo i ragazzi a venire a conoscerci». In effetti, è una missione nella città quella che padre Supandri, come altri religiosi, stanno svolgendo: «Percepiamo che i giovani si isolano, nelle loro famiglie, ma anche nelle parrocchie. Aprirsi agli altri: è questo l’inizio della nostra proposta, invitandoli a uscire dalle loro chiusure, dai loro gruppi o piccoli gusci. La mentalità della missione è anche provocazione per la gioventù dei millennial e dei post millennial, i ragazzi nati tra il 1997 e il 2012, a cui presentiamo una vita donata e arricchita da Gesù».
Da quest’anno, gli incontri riguardano migrazioni, violenze e scambi culturali, mentre nel 2018 nella parrocchia di Montoro, dove il saveriano è impegnato, sono iniziati gli incontri formativi su temi come la cura di sé, dell’altro e dell’insieme. Proposte che portano a parlare di Dio, come scopo principale dell’esistenza. «Cerchiamo di far emergere il senso cristiano, riconoscendoci, tutti, come dono di Dio -chiarisce il missionario -. E cerchiamo di far apprezzare la bellezza della vita donata, custodita e abbellita da Dio».
L’impegno dei missionari al liceo “Regina Margherita”, invece, è focalizzato sui diversi volti dell’interculturalità e dell’integrazione. Anche qui l’obiettivo è spostare l’attenzione verso l’altro. Questa missione padre Ferdinand la vive con padre Gael, un sacerdote nato in Camerun: «Non possiamo più aspettare che la gente venga qui – spiegano i saveriani -. E con l’aprirsi della casa alle nuove esigenze si vive una prospettiva diversa della città, una delle maggiori della Campania con i suoi 130mila abitanti».
L’uscita in missione
Da poco, presso la casa, è ripartito anche il cammino con i giovani dai 18 anni in su. I saveriani ogni anno accompagnano i ragazzi che vogliono fare una esperienza di missione all’estero. Partire e andare in Asia o Africa, permette di vedere diversamente la vita: «L’incontro con l’altro ma anche con una cultura nuova, è importante», spiega padre Supandri. Gioia, curiosità, divertimento ma anche fatica. Un mix di esperienze che i missionari offrono ai maggiorenni.
Lo scorso anno, sette giovani hanno scoperto la missione in Thailandia, a cui la casa di Salerno è vicina anche attraverso un progetto di riciclaggio di indumenti usati – offerti a chi ne ha bisogno ma anche venduti online – il cui ricavato aiuta una microimpresa nel Paese asiatico. Quest’anno, tra luglio e agosto i ragazzi partiranno, oltre che per la Thalindia, anche per il Camerun. Vivranno con le popolazioni locali sperimentando una realtà diversa, mettendo in discussione la loro storia, alla luce delle realtà che conosceranno. Ma non è tutto, spiega padre Rosario Giannattasio, il superiore che, dopo varie esperienze in Italia, da un anno è a Salerno: «Cerchiamo di vivere quello che professiamo a parole – commenta padre Giannattasio- . Non siamo solo noi a dare, ma riceviamo anche». Padre Rosario, oltre a viaggiare per l’Italia per seguire tanti progetti, offre la disponibilità per incontri di riflessione a giovani e adulti che soggiornano a Salerno: «Abbiamo ospitato Scout, gruppi persone che volevano conoscere il Sud e vivere la preghiera riflettendo sulla loro vita. La vita del missionario in Italia è cambiata – aggiunge -. Viviamo in una realtà che in tanti aspetti è scristianizzata. Non è tanto il parlare su quello che si fa in altre terre ma è l’impegnarsi direttamente nella realtà italiana. Siamo aperti a gruppi come Pax Christi o Banca Etica come ad altre associazioni che si fermano a dormire da noi», illustra il superiore. Celebrazioni e incontri con gruppi interessati a soffermarsi e scoprire la nostra terra e la spiritualità saveriana, sono organizzate periodicamente. Il laicato saveriano, in particolare, si incontra da anni in via Aquaviva la seconda domenica del mese, come anche per la Lectio Divina. «Il cuore della casa diviene confluenza di realtà diverse. Incontri su giustizia, pace e creato», spiega Anna Paola Turco, insegnate nel carcere di Salerno.
Accoglienza gratuita
Ogni sera, da novembre a maggio, circa 16 persone trovano un letto caldo presso i missionari. «Da qualche anno le porte dell’Istituto si sono aperte a tanti, italiani e stranieri, che non hanno una casa – racconta padre Rosario -. Fondamentale è la presenza dei laici, anche qualche non credente, che accoglie i senza fissa dimora».
Una doccia, la cena, e poi, la possibilità di dormire non a terra, sotto un portico o su una panchina, ma in un vero letto. «Tutto è fatto come volontariato, senza nessun contributo, in gratuità – spiega il responsabile Antonio Bonifacio -. C’è chi si occupa dell’accoglienza e chi si ferma per tutta la notte e veglia affinché tutto trascorra serenamente. Non diamo solo lo spazio, condividiamo anche le loro gioie e le sofferenze, ascoltandoli», chiarisce Antonio. Le parrocchie si impegnano a offrire la cena e la colazione, mentre un gruppo di signore pulisce e provvede al ricambio delle lenzuola. Tra il tanfo di alcol o di abiti sporchi, i volontari offrono un vestito pulito e l’opportunità di un paio di scarpe.
L’impegno ai senza fissa dimora, ma anche quello nelle scuole così come la presenza in settori di emarginazione, traduce nella concretezza un messaggio di misericordia che accompagna quell’invito all’accoglienza in Istituti oramai semideserti, senza più studenti e seminaristi, che papa Francesco ha rivolto per una Chiesa in uscita.