La mia missione con i “diversi” del Roraima

Ingegnere energetico di formazione e progettista umanitario per vocazione, Nicola Zattra ha vissuto un anno nel nord del Brasile come fidei donum della diocesi di Vicenza, testimone delle difficoltà che vivono specialmente i migranti e i popoli indigeni
Un territorio fertile e ricchissimo di materie prime. Dove però la popolazione vive in condizioni molto difficili. Lo Stato di Roraima è una delle tante regioni del mondo dove si sperimenta questo paradosso. E coloro che ne sono più colpiti sono i più vulnerabili, quelli che sono ritenuti “diversi”, ovvero gli indios e i migranti. «I due temi a volte sono legati. Ci sono infatti casi di “migranti indigeni” che portano una diversità e una difficoltà duplice: vengono dal Venezuela e sono anche indios. Il “diverso” fa paura. Se non c’è una cura verso l’integrazione e la diversità ci sono reazioni violente».
Nicola Zattra, 32 anni, ingegnere energetico di formazione, partito nel 2024 come fidei donum della diocesi di Vicenza – e tornato in Italia a fine gennaio 2025 -, è stato testimone di questa situazione. Ha vissuto un anno di servizio per la Caritas diocesana di Roraima e la Pastorale dei migranti, lavorando principalmente a Boa Vista, ma anche in diverse altre realtà attraversate dal fenomeno migratorio, come la città di Pacaraima, posta sul confine con il Venezuela.
Si stima che dal 2015, circa 7.7 milioni i venezuelani abbiano lasciato il Paese, collassato in una crisi socio-economica ormai da anni, per rifugiarsi nelle nazioni vicine, in particolare Stati Uniti, Colombia, Perù e Brasile. Nonostante gli sforzi delle organizzazioni umanitarie per garantire loro delle condizioni migliori, 2.3 milioni di migranti venezuelani vivono ancora in una condizione di irregolarità, senza documenti, mezzi di sussistenza e una casa dove stare. Seguendo gli assistenti sociali della Caritas diocesana di Roraima nelle loro attività di ascolto e di visita alle famiglie vittime di violenza, Nicola si è reso conto personalmente delle difficoltà a volte drammatiche vissute da questi migranti.
«Ci siamo accorti – racconta – di come spesso incontrassimo persone che avevano difficoltà a muoversi nella rete sanitaria anche per il gap linguistico. Proprio i venezuelani affrontavano ulteriori difficoltà per questo» precisa. È nata così per Nicola l’esigenza di fare un’attenta analisi dei bisogni e di scrivere un progetto in ambito sanitario per ricevere risorse economiche con cui supportare le persone incontrate. «Ho conosciuto una ragazza di 20 anni che stava abbandonando gli studi perché stava perdendo la vista e non riusciva più a leggere – ricorda il giovane – semplicemente però era perché non aveva i soldi per comprare gli occhiali. Quindi l’abbiamo accompagnata in un negozio per prendere due modelli. Per lei era straordinario poter scegliere il tipo di montatura. Continuava a ringraziarci. Era troppo grande quel grazie che le veniva da dentro». «Per me – aggiunge Nicola – è stato un segno per capire come potessi spendere la mia vocazione in ambito umanitario, facendo fruttare le scelte fatte in passato e la formazione universitaria».
Altro ambito molto sfidante con cui si è confrontato è quello delle popolazioni indigene. «In Roraima ce ne sono tantissime – spiega -. Vogliono proteggere il loro territorio e per questo sono viste come un problema». Sono frequenti infatti le manifestazioni degli indios che reclamano la loro terra e cercano di difendere i loro diritti troppo spesso violati dal passato governo di Jair Bolsonaro. La violenza nei confronti dei nativi però non è diminuita neanche sotto la guida dell’attuale presidente, Luiz Inácio Lula da Silva. Secondo il rapporto pubblicato nel 2024 dal Consiglio indigenista missionario (CIMI) – organismo della Conferenza episcopale brasiliana impegnato da oltre mezzo secolo nella difesa dei 305 popoli originari di questo Paese -, nel 2023 non solo si sono verificati 273 casi di invasione delle terre da parte dei cacciatori di risorse, con oltre 1.200 di danni al patrimonio, ma alle 208 persone morte assassinate si devono aggiungere ben 1.400 bambini indigeni sotto i 4 anni e 111 adulti morti per «omissioni dei pubblici poteri», cioè per malattie facilmente curabili o prevenibili come l’influenza o le infezioni intestinali.
Una realtà che per Nicola era sino a poco tempo prima inimmaginabile. La sua vita di ingegnere, infatti, era stata molto diversa: «Ho lavorato in una multinazionale, dove seguivo progetti internazionali, e poi in un’altra azienda, in cui mi occupavo di programmi a livello europeo – racconta -. Sentivo però che qualcosa non stava funzionando». Nonostante i dubbi, Nicola ha continuato la sua carriera, facendo nel tempo libero formazione per Missio Giovani Vicenza, un percorso che raccoglieva la preziosa eredità del progetto “Insieme per la missione”, fondato nel 2000 a Vicenza da don Giacomo Bravo e Luciano Bicego e collegato poi alla linea guida nazionale di Missio Giovani Italia.
Proprio come formatore, insieme a un gruppo di otto ragazzi, nel 2022 Nicola è partito per la sua prima esperienza di missione con i padri saveriani. Destinazione: Thailandia. L’anno successivo è stato poi coinvolto dalla diocesi di Vicenza nella preparazione e poi conduzione del Festival della Missione 2023 a Milano : un’altra occasione per interrogarsi su ciò che volesse fare davvero. È stato allora che ha deciso di prendersi del tempo per capire: «Sono andato dal CEO dell’azienda, un uomo davvero in gamba – ricorda Nicola con affetto – e mi sono licenziato. Lui ha capito e mi ha dato il suo appoggio, seppur con il dispiacere di lasciarmi andare».
Dopo quella scelta, è stato il turno della missione in Colombia, in un doposcuola nell’area sud di Bogotà, dove «nemmeno i tassisti volevano portarmi». Non erano passati neanche due mesi, però, che gli arriva la voce che la diocesi di Vicenza sta cercando un giovane da mandare in Brasile come missionario fidei donum. «Dopo settimane di discernimento, ho capito che la missione era ciò che volevo», ammette Nicola oggi.
E così, dopo un periodo di formazione, Nicola ha preso un volo alla volta del Brasile, nello stato del Roraima. «Lì le giornate erano molto varie – racconta – consegnavo le ceste alimentari alle famiglie, mappavo quelle da visitare, mi occupavo della gestione dei documenti per i migranti venezuelani, scrivevo i report e poi i progetti per ottenere qualche finanziamento…». Durante il fine settimana, invece, prendeva parte a un progetto che prevedeva lezioni di portoghese alle famiglie migranti e alcune attività ricreative con i ragazzi: «Abbiamo visto cambiare i desideri dei giovani. Il ragazzo che inizialmente voleva far parte di una gang criminale, per guadagnare tanti soldi, dopo un po’ cominciava a dire che voleva studiare biologia e diventare medico». Ad accompagnare e guidare Nicola nel suo percorso c’era la direttrice della Caritas diocesana e della Pastorale migranti, la suora scalabriniana Terezinha Santin. Il suo cognome, tipico proprio di Vicenza, conferma quanto il Brasile sia un Paese profondamente toccato dalla migrazione: «Ho incontrato brasiliani del sud (gauchos) che utilizzavano un termine veneto per dire “frittata”!», commenta il trentaduenne divertito.
Dopo un anno in Brasile, oggi Nicola ha maggior consapevolezza di come si voglia spendere per gli altri, attraverso cioè la progettazione in ambito umanitario: la sintesi perfetta tra la sua preparazione universitaria e quanto ha scoperto con la missione.
Una ong brasiliana lo stava per assumere, ma poi, è stata costretta a sospendere la procedura a causa della chiusura di USAID, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale che nel 2023 ha distribuito aiuti per un valore di circa 42 miliardi di euro. È del mese di marzo infatti la decisione dell’amministrazione Trump di tagliare l’83% dei programmi umanitari e trasferire i restanti sotto l’egida del Dipartimento di Stato, gettando nel caos il mondo della cooperazione internazionale. «Alcuni progetti purtroppo sono stati proprio chiusi. Per me è svanita un’opportunità di lavoro, ma per alcune persone si è persa la possibilità di avere un pasto al giorno», riflette Nicola, che però non perde l’entusiasmo per il suo futuro. Succede così quando uno trova la sua vocazione.
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