Missionario in Cambogia, dopo cinque anni nella parrocchia di Takmaw, ora è destinato a una nuova missione: «Sento la chiamata del Signore a incontrarlo in quelle comunità che diventeranno la mia famiglia»
Carissimi amici e amiche, approfitto di qualche giorno di riposo per condividere le tante novità che si stanno affacciando nella mia esperienza di prete missionario e che continuano a donarmi uno sguardo sempre nuovo sulla mia vita. Da qualche settimana mi sono spostato da Takhmaw, dove ho lavorato per quasi cinque anni. Il vescovo mi ha inviato come parroco in una zona della diocesi a Sud della Cambogia, vicino al mare: il settore pastorale di Kampot-Kep, composto da quattro comunità cristiane e da due nuove missioni dove da qualche anno sia i missionari che i fedeli locali hanno iniziato la prima evangelizzazione. La vita e l’annuncio del Vangelo si giocano tra asili, scuola elementare, centro disabili, attività caritative, pastorale degli ammalati, cammini adolescenti e giovani e tanto altro.
Nei primi giorni ho cercato di conoscere tutte queste realtà insieme a padre Gianluca Tavola, missionario del Pime come me, che ha lavorato in questo settore per 13 anni. A lui va la mia gratitudine per il bene che ha fatto, per l’eredità che mi lascia e per la fiducia che pone in me. Mentirei se dicessi di non aver paura o di non essere sopraffatto dall’enorme lavoro che mi attende. È la paura della responsabilità che mi è stata affidata. Tuttavia, sento in questo cambio, in questo nuovo inizio, la chiamata del Signore ad allargare il mio sguardo per incontrarlo là, in quelle comunità che diventeranno la mia famiglia.
In questi inizi così pieni di moti interiori contrastanti faccio memoria dei 5 anni trascorsi a Takhmaw. Faccio memoria dei doni che Dio mi ha fatto, delle persone che si sono affidate e fidate di me, degli incontri che ho avuto, dei volti che ho incrociato… Faccio memoria delle difficoltà e degli imprevisti che mi sono capitati, delle occasioni mancate, dei fallimenti vissuti, degli appuntamenti persi, del mancato stupore per qualcosa di inatteso e non programmato. E in questo “far memoria del cuore” scorgo la cura del Signore per me, percepisco la sua presenza e un gesto salvifico che rende la mia vita, la mia vocazione belle e affascinanti.
Tanti sogni, attese, desideri in questo momento riempiono il mio cuore e scandiscono il mio cammino: un percorso in salita perché gli orizzonti che intravedo sono ricchi di una bellezza inaudita che va scolpita con entusiasmo e pazienza. Dio agisce sempre e vive l’eterno e l’attesa è una dimensione decisiva perché il presente ha senso solo perché c’è un domani, tessitura nascosta di tutta la nostra esistenza. Attendere per amare, per vivere in pienezza la vocazione donatami, per mettere le radici del cuore, per seminare speranza, per stringere amicizie, per costruire futuro, per aprire orizzonti… Questo è il momento, il presente che abito, carico già di tante promesse. Carissimi amiche e amici vi affido questi pensieri e vi ringrazio del sostegno e della vicinanza che mi mostrate costantemente. Continuiamo, insieme, a camminare per costruire sotto la guida dello Spirito, dono del Risorto, l’esperienza della Chiesa missionaria. MM