Dopo il viaggio in Cambogia, da subito mi resi conto che Lorenzo, con Chiara al suo fianco, avrebbero lasciato più di un segno. Ma oggi che a poco più di quarant’anni una malattia lo ha portato a spegnersi improvvisamente, capisco che con la sua vita ci ha portati a celebrare una comunione più forte della morte
Lorenzo è morto, la notte tra il 2 e il 3 novembre 2024. Malato da alcuni anni, si è spento improvvisamente senza lasciare a Chiara, sua moglie, e ai loro tre figli, Diego, Francesca e Riccardo, il tempo per un ultimo saluto. Ha però lasciato un’immensa eredità fatta di fede, affetti, passione e competenza. Medico e ricercatore d’eccellenza presso l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, Lorenzo aveva da poco superato i quarant’anni. Superfluo dire come, nella sua breve vita, si sia sempre speso senza riserve: tra le mura di casa, per sua moglie e i suoi figli, tra le corsie dei reparti, per i malati e le loro famiglie, tra i laboratori di ricerca, con i colleghi per trovare una cura alle tante malattie ancora da vincere. Il suo nome, Lorenzo Nanetti, in qualità di Dirigente medico, compare tra lo staff del laboratorio di Genetica medica e Neurogenetica dell’Istituto Besta.
Ci eravamo conosciuti in Cambogia quando, nell’estate del 2008, in compagnia di Chiara, allora solo fidanzata, erano venuti a trovarmi. Di quell’esperienza avevo scritto anni fa per sottolineare la bellezza del cammino di fede di molti giovani che si avvicinano all’esperienza missionaria non solo per intraprendere entusiasmanti viaggi tra le geografie esotiche di questo mondo, quanto e soprattutto per inoltrarsi attraverso geografie ben più ampie, quelle dell’anima e prepararsi ad “un viaggio più lungo”, quello che Lorenzo ha già intrapreso. La posta in gioco, infatti, è sempre il destino di ciascuno, proprio quando la vita sembra prendere una piega infausta, drammatica e, talvolta, ingiusta. Nel caso di Lorenzo, la celebrazione del suo funerale è avvenuta a distanza di due settimane esatte dalla celebrazione di un altro funerale, quello di suo papà Enrico, scomparso, come Lorenzo, per una malattia incurabile. Prima il padre, poi il figlio.
Quello che però mi commuove, mi rende grato e mi da ragioni per scrivere, dentro una simile vicenda, è quell’estro puro e vero, quella fede e quella passione mostrate da Lorenzo in circostanze così sfavorevoli e avverse. Presente al funerale del papà, Lorenzo aveva scelto per le esequie il testo della moltiplicazione dei pani. Si legge di Gesù che, «Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero …. Tutti mangiarono e si sfamarono …». Lorenzo ha voluto, con questo testo, indicare quell’abbondanza di vita e di grazia ricevuta dal suo papà. Papà Enrico, come Gesù, aveva moltiplicato le briciole d’amore che aveva tra le mani per farne abbondanza di bene per Lorenzo e l’intera sua famiglia. Bisognava dirlo in quella circostanza, in quell’ad-Dio: “papà Enrico, come Gesù, hai moltiplicato i pani per la tavola dei tuoi figli!” Abbondanza di vita e di grazia che si è spinta tra le corsie e i laboratori dell’Istituto Neurologico dove Lorenzo ha lavorato. Alle sue esequie, infatti, la massiccia presenza dei suoi colleghi medici e ricercatori assieme alla folla dei suoi parenti e amici hanno documentato inconfutabilmente una simile abbondanza di vita e di grazia.
Dopo il viaggio in Cambogia, da subito mi resi conto che Lorenzo, con Chiara al suo fianco, avrebbero lasciato più di un segno. Rientrati in Italia, infatti, hanno voluto continuare ad avere un rapporto con la Cambogia sostenendo con una borsa di studio per un giovane cambogiano, Hong, poi divenuto a sua volta medico. Sempre con Chiara, agli inizi del 2013, hanno dato una mano alla costituzione di un gruppo di giovani appassionati all’ideale missionario e desiderosi di comunicarlo attraverso il teatro, la danza, il canto. È nata così La mangrovia, gruppo di animazione che con i suoi spettacoli mette in scena non solo copioni teatrali bensì un’atmosfera, un modus vivendi che, a suo modo, anche Lorenzo ha incarnato. Come in natura, la mangrovia cresce in un “ecosistema di confine” dove, per la confluenza dei fiumi con il mare, l’acqua dolce si confonde con quella salata e bisogna venirne a capo con il proprio bisogno di vita, così Lorenzo in quelle corsie d’ospedale, dove tutto chiede salvezza, allo stesso modo ha provato… a venirne a capo. Lo hanno testimoniato i suoi colleghi: Lorenzo era una figura chiave o meglio “cerniera” tra mondi, tra colleghi anzitutto, ma anche tra medici e pazienti, tra i pazienti e le loro malattie e, più ancora, tra il loro desiderio di vita e il loro destino ultimo. In queste zone di confine, quando la scienza non è ancora pronta e si è soli, sospesi fra salute e malattia, vita e morte, terra e cielo, quel “medico gentile e competente” ci metteva fede, passione, relazione.
Consapevole della sua fine, per la sua liturgia funebre, Lorenzo ha predisposto un altro brano evangelico, ancor più inusuale per queste circostanze, quello delle nozze di Cana con quell’«acqua divenuta vino» (Gv 2,1-12). In quel brano, se dal testo si passa al senso, ci ritroviamo nel mezzo di un matrimonio che non suggella solo l’amore dello sposo per la sposa, ma ci porta ad un livello più profondo. Quelle nozze, anzi quell’unione resa possibile dalla trasformazione dell’acqua in vino è immagine di una comunione d’altro tipo, quella tra la natura umana e la natura divina. In altre parole, a Cana, si celebrano le nozze cioè l’unione fra terra e cielo, umano e divino. Ché da quel momento non sono più due ma una carne sola, in cammino verso un solo comune destino. Con questa potente intuizione mistica Lorenzo ha fatto ancora da “cerniera” tra due mondi: nella sua fine ci ha portati a celebrare una comunione più forte della morte, quella con Dio resa possibile da Cristo. Sento una certa vertigine, eppure Lorenzo ha intuito che l’umano, la sua e nostra vita, e il divino, la vita di Dio, sono promessi sposi. E se due settimane fa ci aveva fatto ringraziare papà Enrico per aver moltiplicato il pane del cammino, con la sua morte ci ha invece indicato, con chiarezza e lucidità, il compimento ultimo del nostro destino.
Grazie caro Lorenzo! Grazie a chi ti ha cresciuto, educato e amato così. Sia questa fede, ora, forza per Chiara, i tuoi figli, la tua mamma. Così sia.