Al Giubileo della Missione, ruota attorno a questi tre termini l’intervento di mons. Francesco Beschi, presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la collaborazione tra le Chiese.
Il libro, il fuoco, la porta. Attorno a questi tre termini si è sviluppata la riflessione di mons. Francesco Beschi (a destra nella foto), vescovo di Bergamo e presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la collaborazione tra le Chiesa, nella sua riflessione in occasione del Giubileo della Missione che si è svolto oggi a Roma.
«Il libro delle missioni – ha detto nell’auditorium gremito del Santuario della Madonna del Divino Amore – ci riconduce a una pagina evangelica, quella dei discepoli che ritornano dalla missione che Gesù ha loro affidato. Sono pieni di gioia. Una gioia che siamo tutti chiamati ad aprire su un orizzonte ultimo, definitivo. Anche voi – ha esortato mons. Beschi – fate parte di questa narrazione missionaria; ciascuno può scrivere, raccontare un capitolo. I vostri nomi sono scritti nel libro del Cielo».
Ci sono centinaia di missionari e missionarie ad ascoltarlo, italiani e stranieri, religiosi e religiose laici, famiglie e circa 130 giovani. I volti, le età, le prospettive della missione sono radunati oggi qui, per una giornata che non è solo celebrativa: è anche un modo per ricaricarsi e ripartire.
E allora mons. Beschi, riprendendo gli inviti reiterati di Papa Francesco, insiste molto sul tema della gioia. «La dimensione della gioia è decisiva – insiste -. La missione nasce dalla gioia e ha come compito la comunicazione della gioia. Del resto, comunicare il Vangelo e la sua forza è comunicare la gioia di Dio».
Attraverso la gioia, inoltre, è possibile parlare ancora di “salvezza”. Salvezza che nel mondo contemporaneo pare un termine sempre più desueto o incomprensibile. «L’uomo contemporaneo – dice il vescovo – fa molto fatica a capire la parola “salvezza”, specialmente la “salvezza delle anime”. Eppure è il motivo della missione: portare il Vangelo, riempire il cuore e la vita intera di coloro che incontrano Gesù, attraverso la gioia. Senza dimenticare che il Vangelo della gioia è anche e sempre Vangelo della giustizia e della pace».
E allora, cosa significa oggi “Aprire il libro delle missioni”? L’espressione è nata al convegno missionario di Bellaria 1999, formulata per la prima volta da mons. Renato Corti, vescovo emerito di Novara, appena creato cardinale da Papa Francesco. «Aprire il libro della missione significa ritrovare una narrazione inesauribile di storie, esistenze, rappresentazione di volti missionari. Non è un’operazione nostalgica – ammonisce mons. Beschi -. È veramente inserirci noi, così come siamo, dentro la grande storia missionaria. Significa che possiamo alimentare in noi l’ardore apostolico, ricordando, rinarrando la missione. La narrazione è necessaria, come la narrazione evangelica. Non è solo raccontare una bella storia, ma è comunicare un’esperienza.Il Beato Paolo Manna, fondatore della Pontificia Unione Missionaria, ha scritto una grande pagina nel libro della missione, esortando tutti e ciascuno a «essere oggi è un altro Gesù Cristo. Dovete poter dire come san Paolo: “è Cristo che vive in me” ».
«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra», si legge nel Vangelo. «Il fuoco è lo Spirito Santo – sottolinea mons. Beschi -. Non c’è missione evangelizzatrice che non debba essere accesa dallo Spirito di Dio. La nostra è una missione spirituale, che ha anche la densità di un corpo, di un gesto, di una storia, perché è innanzitutto missione dello Spirito. Il luogo dove si accende questo “fuoco” è il cuore dell’uomo, quello in cui Gesù vuole porre il suo Spirito. Tutto può essere missione, ma non sarà missione evangelizzatrice se nel nostro cuore non si accende la missione dello Spirito».
In questo senso anche «la porta della Misericordia non può che identificarsi con la porta della Missione. Viceversa, la porta della Missione non può che essere la porta della Misericordia. Dobbiamo attraversare questa Porta con rinnovata disposizione missionaria, con convinzione, gioia e generosità».
In particolare, in questo mondo moderno che sembra segnato dalle divisioni e dai conflitti, la missione deve essere sempre di più anche una disposizione all’incontro. L’annuncio del Vangelo e della gioia può avvenire soprattutto lungo la strada dell’incontro. Oggi più che mai la missione ha bisogno di questo incontro.
Questo Giubileo missionario, del resto, si ispira a una frase di Papa Francesco, che concepisce la missione ad gentes come «una grande, immensa opera di misericordia, sia spirituale che materiale» e invita tutti a “uscire” a «portare il messaggio delle tenerezza e della compassione all’intera famiglia umana».
Occorre dunque passare la porta della Misericordia per aprire gli occhi sul Regno di Dio, «che va oltre i confini della Chiesa – dice mons. Beschi – e di cui la Chiesa è lieta di poter essere servitrice. Riaccendiamo dunque lo sguardo sul Regno di Dio. Ci siamo un po’ troppo concentrati su qualcosa di meraviglioso e bello che è la Chiesa, ma c’è qualcosa di più grande, il Regno di Dio, appunto».
E per concludere, manda un augurio a tutti i presenti e a tutti coloro che sentono dentro di sé uno spirito missionario: «Possa il mondo del nostro tempo e di ogni tempo ricevere la Buona Novella non da persone scoraggiate, ma da evangelizzatori che abbiamo per primi ricevuto in dono la gioia di Cristo».