Salvaguardare il criolo per promuovere un progetto culturale più ampio che riguarda la valorizzazione di tutta una cultura e di un popolo. È la “missione linguistica” a cui padre Scantamburlo ha dedicato la vita
Ha dedicato la vita a una lingua che non è la sua. O forse sì. Padre Luigi Scantamburlo, missionario del Pime, vive dal 1975 in Guinea Bissau, dove si è consacrato all’educazione, alla cultura e, appunto, alla lingua. Padre Luigi, infatti, è uno dei maggiori conoscitori del criolo, l’idioma veicolare parlato dall’80% circa della popolazione, ma non ancora lingua ufficiale del Paese che è rimasta il portoghese. Sino ad ora, per lo meno. Perché, grazie al lavoro decennale di padre Luigi e di un gruppo di linguisti, professori, giornalisti ed esperti, sostenuti dall’Unesco, il sogno di una vita potrebbe diventare realtà.
È quello che spera padre Luigi e per cui si impegna da oltre 25 anni, sia in ambito accademico che sul terreno. Nel 1996, infatti, ha completato il Master in Linguistica presso l’Universidade Nova di Lisbona, come preparazione per iniziare poi l’insegnamento bilingue in alcune scuole delle isole Bijagos, progetto iniziato nel Duemila con il sostegno dell’Unione Europea e della ong portoghese Cidac. Nel 2013, ha conseguito il Dottorato di ricerca in linguistica presso la stessa Università con una tesi sul lessico del criolo-guineense e le sue relazioni con il portoghese.
Quindi, nel novembre del 2018, ha pubblicato la seconda edizione del dizionario criolo-portoghese che aggiorna quella precedente, realizzata nel 2003.
Nel frattempo, la scuola bilingue aperta sulle isole Bijagos potrebbe presto arricchirsi anche di un liceo agricolo. Mentre continua la sperimentazione anche nella scuola di un’altra missione del Pime a Katió, nel Sud-est del Paese. Nella capitale Bissau, invece, è l’Unicef che ha finanziato l’avvio di quattro scuole elementari, in cui si insegna sia in portoghese che in criolo.
«Non si tratta semplicemente di salvaguardare un idioma – dice padre Luigi -, ma di un progetto culturale più ampio che riguarda la valorizzazione di tutta una cultura e di un popolo».
E proprio con il motto “La nostra lingua, il nostro valore” si è tenuta, dal 10 al 12 maggio a Cacheu, la prima Conferenza sulle lingue nazionali, da cui è uscito un documento molto promettente. «Ora – dice il missionario – dipenderà dal governo se tenerne conto oppure no».
Lui è particolarmente soddisfatto e speranzoso. Il documento, del resto, parte da un presupposto molto forte: «Nessun Paese al mondo può svilupparsi con un sistema educativo basato su una lingua sconosciuta alla maggioranza». È quello che sostiene da sempre padre Scantamburlo che ha partecipato alla Conferenza di Cacheu. «Solo il 10% della popolazione guineana parla il portoghese – sostiene -. Gli stessi insegnanti lo conoscono in maniera molto approssimativa. Il livello è estremamente basso. Persino politici e figure pubbliche parlano quasi sempre il criolo. Il portoghese, di fatto, è appannaggio solo di coloro che hanno studiato in Portogallo».
Nonostante questo, però, la lingua dei colonizzatori – complice anche l’ex colonia – continua a rimanere l’unica ufficiale. «Già nel 1986 – continua padre Luigi – un ministro aveva introdotto il bilinguismo. L’esperimento, tuttavia, è durato poco tempo e già nel 1993 è stato sospeso».
Sempre a quegli anni – era il 1987 – risale l’ultima ortografia ufficiale. Ora, dopo la Conferenza di Cacheu, si è deciso di prepararne una nuova. «Le lingue evolvono – spiega padre Luigi, che proprio per questa ragione ha lavorato alla seconda edizione del dizionario -: alcuni vocaboli sono cambiati, altri si sono trasformati perché il criolo ha adottato suoni più simili al portoghese; alcune parole sono derivate da lingue africane, altre, relative ad esempio al mondo delle nuove tecnologie, sono state prese dal portoghese… Rispetto alla precedente edizione, c’è almeno un 10% di differenza».
Sono oltre 10 mila le voci raccolte, la maggior parte arricchite da esempi estratti da un Corpus di testi scritti e orali di 750 mila parole. «Ne abbiamo fatte stampare mille copie che verranno messe a disposizione delle scuole bilingui – precisa padre Luigi -. Sono convinto che questa sia la strada da percorrere per aiutare gli studenti della Guinea Bissau ad apprendere i codici delle due lingue, in modo da potersene davvero appropriare. Purtroppo oggi, la maggior parte della gente non conosce bene né l’una né l’altra».
D’altro canto, il missionario è anche convinto del fatto che oggi «il bilinguismo è la norma e non l’eccezione. Il dizionario bilingue vuole contribuire a dimostrare che entrambe le lingue possono e devono coesistere, arricchendosi vicendevolmente e facilitando anche la capacità espressiva e lo sviluppo armonioso della personalità degli studenti».
Ne sono convinti anche gli esperti che si sono riuniti a Cacheu e che hanno ribadito un assunto fondamentale: «Le lingue sono di valore inestimabile per l’identità di una nazione e il rispetto per la loro diversità è della massima importanza per la coesione sociale».
Questo vale per il criolo, ma non solo. In Guinea Bissau, piccolo Paese di circa 1 milione 800 mila abitanti, si parlano anche altre lingue come il fulani e il mandingo, specialmente dalle donne di queste due tribù che spesso vengono sposate giovanissime e spesso con un livello di istruzione molto basso. Ancora oggi, del resto, circa il 40% della popolazione è analfabeta (e più del 60% delle donne). Anche di qui, l’importanza di valorizzare la lingua che (quasi) tutti parlano.
La Conferenza di Cacheu ha avanzato, a questo proposito, la proposta di creare un Istituto di lingue la cui missione, tra le altre, è «quella di promuovere gli studi scientifici sulle lingue nazionali, per la descrizione esplicita della loro grammatica e conseguente proposta di adozione di un’ortografia a livello nazionale, oltre a fornire consulenze al governo su questioni linguistiche. La creazione e/o implementazione di un’ortografia standard – si precisa – è essenziale sia per la descrizione della grammatica sia per la creazione di materiale didattico per le lingue nazionali».
Inoltre, si vorrebbero «sviluppare politiche pubbliche per il settore istruzione, incentrata sul contesto multilingue del Paese, introducendo, a tal fine, l’insegnamento bilingue portoghese-guineense (o portoghese-altra lingua) nel curriculum scolastico, cominciando, in una prima fase, dal primo e secondo ciclo di istruzione elementare». Inoltre è prevista una «revisione dei curricula delle scuole di formazione degli insegnanti, in modo che questi possano essere in grado di esercitare la professione in un contesto bilingue/multilingue». Infine, verrebbe promossa anche «la formazione di giornalisti in materia di traduzione bilingue/multilingue».
«Sulla carta è un progetto molto promettente – commenta padre Luigi – poi, bisognerà vedere se il governo lo metterà in pratica». Considerata la situazione politica della Guinea Bissau sempre molto instabile, su questa – come su molte altre sfide per il futuro del Paese – restano forti incognite.
Intanto, però, padre Luigi non tira certamente i remi in barca e, anzi, si appresta a pubblicare una raccolta di 600 proverbi guineani in portoghese e una selezione di 150 in italiano. Un contributo, anche questo, alla valorizzazione della ricca cultura di un Paese che troppo pochi conoscono.