IL BELLO DELLA FEDE
La pittura haitiana affonda le sue radici nel mondo degli schiavi e nel vudù, sentito come un elemento unificatore in grado di custodire la memoria delle origini africane, ma accoglie anche il cattolicesimo degli spagnoli e dei francesi e il protestantesimo americano
Haiti porta con sé il peso di una storia carica di violenza e sventure, che inizia nel 1500 con il colonialismo spagnolo e poi francese, si prolunga fino al XIX secolo con le atrocità della schiavitù e le rivolte per la libertà, e arriva all’attualità con catastrofici eventi naturali, come il terremoto del 2010, il costante passaggio di uragani e, recentissimi fatti di cronaca, l’assassinio del presidente Moïse e un nuovo devastante terremoto.
Eppure Haiti, il cui nome significa “terre alte e boscose”, custodisce tra la sua gente e nel suo Dna l’amore per i colori sgargianti e la natura rigogliosa, la forza dell’umorismo e una vitalità indomabile, tutti elementi che contraddistinguono anche la sua produzione artistica, molto recente e fortemente sincretica.
Nel 1944 l’insegnante di inglese De Witt Peters, inviato dal governo americano nella capitale Port-au-Prince, apre una scuola e una galleria d’arte, “Le Centre d’Art”. Dopo una stasi iniziale il Centro diventa il fulcro di una produzione pittorica naïf haitiana: semplici barbieri, muratori, operai si trasformano in artisti popolari che attraverso le loro opere arricchiscono la realtà quotidiana di esuberanza e vivacità, esprimendo un ottimismo radicale.
La pittura haitiana affonda le sue radici nel mondo degli schiavi e nel vudù, sentito come un elemento unificatore in grado di custodire la memoria delle origini africane, ma accoglie anche il cattolicesimo degli spagnoli e dei francesi e il protestantesimo americano: il primo fornisce il contatto costante con il soprannaturale mentre il cristianesimo offre iconografie e contenuti. Nasce così un filone di pittura naïf a ispirazione cristiana che fonde la quotidianità con il mistero e le narrazioni bibliche.
Tra il 1950 e il 1951 la cattedrale episcopale di Port-au-Prince, purtroppo andata distrutta nel terremoto del 2010, viene affrescata e arricchita dalle sculture dei primi grandi artisti haitiani: i murales riempivano l’abside e le navate laterali, illustrando la storia della Bibbia da Adamo ed Eva fino alla crocifissione di Gesù.
Ma il cristianesimo pervade anche le produzioni di singoli artisti, come Jean Baptiste Bottex (1918-1979) e il fratello Seymour (1922-2016). Entrambi, pur nella differenza degli stili, dedicano grande spazio alle narrazioni bibliche che calano completamente nella vita haitiana: Gesù e gli altri protagonisti si muovono tra colori vivaci e ambientazioni quotidiane, eventi storici e celebrazioni tradizionali isolane, sempre accompagnati da un senso dell’umorismo contagioso e da una inesauribile vitalità.