Crediamo nella forza della speranza, che ci viene dall’avvicinare con empatia la vita della gente e dallo scoprire la straordinaria capacità di resistenza di tante persone, anche nelle situazioni più difficili. Le loro testimonianze ci confermano che il Vangelo della pace non è un’aspirazione illusoria. Ascoltalo anche in PODCAST
Nei trent’anni vissuti in Asia orientale ho visitato diversi Paesi, tra i quali la Corea del Sud. In quella del Nord invece era quasi impossibile entrare: si tratta tutt’oggi di una nazione poco conosciuta. La separazione al 38° parallelo dalla parte meridionale della penisola va avanti da più di 70 anni. Una vicenda che sembra davvero irrisolvibile: l’area è estremamente militarizzata, le superpotenze mondiali vi sono concentrate e di conseguenza è uno dei luoghi più instabili e potenzialmente più pericolosi del mondo.
Non è l’unica situazione di ostilità senza fine e apparentemente senza soluzione: gli scontri in Myanmar durano da 76 anni (ne parliamo con la bella e drammatica intervista al vescovo profugo di Loikaw); il conflitto aperto tra Israele e Palestina da quasi ottant’anni. In questi luoghi martoriati, generazioni di bambini, ragazzi e giovani non hanno conosciuto altro che violenza, paura e lutti e hanno udito proclami di odio eterno per i nemici da parte di leader bellicosi.
La pace è impossibile? Condivido con sgomento il senso di impotenza che ci avvolge: ci arrendiamo all’evidenza che le persone migliori vengono messe da parte o imprigionate; gli operatori di pace non riescono a cambiare le cose e vengono derisi come perdenti. Un sentimento di ineluttabile scoraggiamento ben descritto dalle parole del salmista: «Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra». Etty Hillesum, lei stessa vittima della violenza nazista, si rivolge a Dio ammettendo, per quanto paradossalmente, che «Tu non puoi aiutare noi, ma siamo noi a dover aiutare Te…».
Che fare se non rimanere fedeli al nostro compito? Quello che mensilmente realizziamo con questa rivista è di raccontare la vita dei popoli e i loro drammi, a partire dai meno conosciuti o del tutto taciuti. Lo facciamo senza cedere alla retorica della lamentazione: crediamo nella forza della speranza, che ci viene dall’ascoltare con empatia la vita della gente e la sua straordinaria capacità di resilienza.
Sono convinto, e lo mostriamo in questo numero, che i popoli sono migliori dei loro governanti. La gente vorrebbe vivere in pace e questo è ugualmente vero in Corea del Nord: «Anche nelle circostanze più difficili la vita va avanti e le persone si formano una famiglia, vogliono uscire, cantare, ballare e ridere», ci racconta l’esperta Katharina Zellweger.
Le storie di chi resiste, e nonostante tutto vive la propria vita, mi danno speranza che il Vangelo della pace non sia un’aspirazione illusoria, ma è un bene che il Creatore ha instillato nel cuore di ogni donna e uomo.