Papua Nuova Guinea: rientra il missionario espulso

Papua Nuova Guinea: rientra il missionario espulso

L’arcivescovo di Rabaul Francesco Panfilo: “Questa vicenda ha mostrato quanto siano forti e determinati gli interessi economici sulle nostre terre. Ma non fermerà il nostro impegno per la difesa dei poveri”

 

DALLA PAPUA NUOVA GUINEA

E’ tornato a Vunapope, nel distretto di West Pomio, Douglas Tennent, il missionario laico neozelandese impegnato in progetti legati al diritto alla terra. Tennent è il missionario esperto in diritto dell’arcidiocesi di Rabaul che all’inizio di giugno era stato caricato su un aereo per Port Moresby ed espulso con procedura d’urgenza dal governo della Papua Nuova Guinea. Un provvedimento che in quei giorni l’arcivescovo locale – il salesiano Francesco Panfilo – aveva denunciato con forza, definendolo un indice del “livello di corruzione raggiunto dal governo” nella sudditanza agli interessi economici delle grandi compagnie a caccia di terre per le piantagioni di palma da olio e altri affari in Papua Nuova Guinea.

A due mesi di distanza Tennent nei giorni scorsi è potuto rientrare in forza di un accordo che – tra le condizioni – prevede che il missionario “non sia coinvolto in attività di attivismo che creano divisioni tra i proprietari terrieri”. Questo però non significa affatto che la diocesi di Rabaul rinuncerà a prendere le difese dei diritti dei più deboli, come spiega in questa intervista a Mondo e Missione l’arcivescovo Francesco Panfilo.

Mons. Panfilo qual è il suo bilancio di questa vicenda?

“Fin dall’inizio in questa triste vicenda ho visto la mano del Signore – commenta a Mondo e Missione mons. Panfilo -. E’ stata un’esperienza difficile da superare, ma ci sono state tante benedizioni e una, tra le tante, è stato il fatto che fin dall’inizio è diventato chiaro che dietro questa vicenda c’era l’operato di Rimbunan Hijau, la grande multinazionale malesiana che controlla altre consociate, come la Gilford Ltd, che opera a West Pomio. Il ministro degli Esteri e il responsabile dell’Ufficio immigrazione hanno preso una decisione grave come l’espulsione basandosi solamente sull’esposto presentato da un proprietario terriero portato in aereo da Pomio a Port Moresby, senza verificare l’accuratezza delle accuse. E’ evidente che questa decisione è stata presa non perché un povero diavolo da Pomio si è presentato all’Ufficio Immigrazione con delle accuse, ma perché è stato portato lì da un gruppo potente e molto influente. Non possono esserci altre spiegazioni”.

Perché tanto interesse intorno a quei terreni?

“Dal 2010 al 2016 da West Pomio sono stati esportati 1,260.000 metri cubi di legname. La Gilford Ltd. ha dunque disboscato una quantità enorme di terra, con conseguenze devastanti sulle comunità in termini di inquinamento dei fiumi, erosioni del terreno che hanno poi causati inondazioni, eccetera. E dopo aver tagliato le piante hanno piantato la palma per la produzione dell’olio”.

Intanto cresce anche la preoccupazione sui progetti di Seabed Mining, lo sfruttamento minerario dei fondali marini

“Per quanto riguarda il Seabed Mining, anche se la Compagnia canadese Nautilus ha ottenuto dal governo locale di Somare l’autorizzazione a condurre esplorazioni, c’è ancora la possibilità che il progetto non continui. La recente campagna elettorale ha offerto un’indicazione chiara: Byron Chan – il politico che aveva firmato l’accordo e che, tra l’altro, ha il suo distretto elettorale proprio nella zona di esplorazione – ha perso le elezioni”.

Come si pone la Chiesa cattolica della Papua Nuova Guinea di fronte a questi problemi?

“La Chiesa ha fatto sentire la propria voce in modo chiaro, soprattutto per quanto riguarda la questione del Seabed Mining. Forse meno decisa è stata la presa di posizione riguardo allo Special Agriculture Business Lease (SABL), perché la maggioranza dei vescovi, inclusi i locali, non erano al corrente dei problemi che questo strumento giuridico per le concessioni delle terre creava alla popolazione. Io stesso non sapevo niente al riguardo. Ho incominciato a capirci qualche cosa quando la gente di Pomio mi ha chiesto di intervenire nel 2012. A poco a poco ho capito che il cosiddetto sub-lease agreement favoriva l’investitore a scapito della popolazione. Il contratto era stato preparato dalla compagnia (Gilford Ltd) e i piccoli proprietari firmavano perché speravano vi sarebbero stati miglioramenti nella loro vita. Ma non sapevano esattamente che stavano firmando una svendita dei diritti sulle loro terre. L’anno scorso, durante la sessione della Conferenza episcopale ho presentato brevemente ai vescovi il concetto del SABL. Mi sono accorto che per molti, probabilmente era la prima volta che ne sentivano parlare. E anche quest’anno ho aggiornato gli altri vescovi sulla nostra opera di advocacy a West Pomio”.

Nel frattempo la Papua Nuova Guinea – all’inizio di luglio – è appena uscita dalle elezioni con la formazione di un “nuovo” governo. Quale futuro si intravvede?

“Purtroppo sono state elezioni un po’ speciali: molti non hanno potuto votare perché il loro nome non era nelle liste dei votanti. Ciò nonostante il premier Peter O’Neill non può cantare vittoria come l’altra volta. All’inizio del governo del 2012 aveva quasi 100 parlamentari su 111 dalla sua parte, con ben 56 membri del suo partito e gli altri appartenenti ad altre forze alleate. Verso la metà del suo mandato alcuni membri della coalizione sono passati all’opposizione, ma senza raggiungere mai i 20 parlamentari. Durante le ultime elezioni il partito di O’Neil ha perso oltre le metà degli eletti. E’ riuscito a creare una coalizione di 60 parlamentari, ma il margine sull’opposizione stavolta è ristretto. Nel suo discorso dopo l’elezione a Primo Ministro O’Neil ha ammesso gli errori nella passata legislature e ha promesso di farne tesoro. Uno di questi errori è stata certamente l’espulsione di Doug. Mi auguro che il ministro degli Esteri, che è stato riconfermato, non abbia a commetterne ancora”.