Skip to main content

Missionari laici, ricchezza da riscoprire

L’EDITORIALE
«I missionari laici a vita sono pochi. Troppo pochi. Sono più popolari oggi forme di laicato missionario legate al volontariato internazionale o all’impegno come famiglia, a tempo determinato. Ma una Chiesa in salute si esprime anche con forme di donazione personale totale»
  Erano chiamati i “fratelli”. Alcuni insegnavano il catechismo, erano eccellenti nel canto liturgico e si prendevano cura di chiese e cappelle. La maggior parte, invece, costruiva scuole, luoghi di culto, ospedali… Si intendevano di infermieristica e di cucina. Non mancavano i barbieri. Vivevano e lavoravano quasi in simbiosi con i “padri”. Nelle vecchie missioni del Pime in India, Cina e Myanmar il nome di alcuni di questi missionari laici è più ricordato di quello dei vescovi. Li ha fatti grandi (e santi) l’amore sconfinato per la gente, le missioni, la Chiesa e Dio. Erano tempi di scarsa elaborazione teologica, ma profonda spiritualità e duro lavoro. Fratel Felice Tantardini, di cui parla il fascicolo allegato e che speriamo di vedere presto beato, è partito per l’allora Birmania  nel 1922 ed è morto nel 1991. Nel frattempo tutto è cambiato: la missione e il Paese, che ora si chiama Myanmar, la Chiesa locale e la Chiesa universale, il Pime, la considerazione e il ruolo dei laici, oggi più riconosciuto. Non c’è più bisogno di un missionario laico, che faccia quasi da “stampella” ai sacerdoti e al ministero ordinato, factotum delle missioni e prezioso braccio destro. Certo, laici e ministri ordinati procederanno sempre insieme nell’attività missionaria. E le forme di impegno laicale tenderanno a moltiplicarsi ancora di più; perché svariatissimi sono i contesti, le sensibilità e le necessità. Ma il missionario laico Pime ( e di altre comunità simili), celibe e quindi libero (anche in senso pratico), a vita, cioè senza altri interessi o pensieri, spiritualmente solido e professionalmente preparato, ha ormai acquisito la sua autonomia e un nuovo orizzonte di impegno. Non lavora più alla fondazione  e al consolidamento anche strutturale di comunità e diocesi come al tempo delle missioni antiche. Ma, con la parola e ancor più la vita, porta il Vangelo nelle pieghe della società e delle professioni, nei nuovi areopaghi della comunicazione e della cultura. Bazzica la scuola, la fabbrica e l’ufficio, i media, l’ospedale, la foresta in pericolo, la strada e i senzatetto, i ragazzi di strada e i giovani senza speranza. È vero purtroppo che i missionari laici a vita sono pochi. Troppo pochi. Sono più popolari oggi forme di laicato missionario legate al volontariato internazionale o all’impegno come famiglia, a tempo determinato. Ci sono maggiori varietà e flessibilità di un tempo; una ricchezza, indubbiamente. Ma una Chiesa in salute si esprime anche con forme di donazione personale totale. Non esiste, quindi, un problema riguardo al ruolo e alla figura del missionario laico a vita, ma a chi e a quanti intendono incarnarla. Per questo il Pime ha deciso di indire un anno di riflessione, preghiera e sostegno alla vocazione missionaria laicale a vita, a partire da domenica 8 ottobre (come raccontiamo in questo articolo)

Articoli correlati

Antakya, tra i dimenticati del sisma turco

Icona decorativa10 Aprile 2025
Icona decorativaChiara Zappa
Mentre i riflettori del mondo sono accesi sulla tragedia del Myanmar, nella regione della Turchia colpita il 6 febbra…

Migranti tra i migranti

Icona decorativa8 Aprile 2025
Icona decorativaAnna Pozzi
Sono le missionarie secolari scalabriniane che vivono alla periferia di Ho Chi Minh City, dove accompagnano molte fam…

“Bel Espoir”, il veliero della speranza arriva in Sicilia

Icona decorativa5 Aprile 2025
Icona decorativaRebecca Molteni
Partito da Barcellona, ha fatto tappa in questi giorni a Palermo. E per otto mesi attraverserà il Mediterraneo, coinv…