Grazie a un progetto della World Youth Orchestra, un gruppo di bambini orfani o abbandonati accolti dalle Missionarie della Carità ha avuto la possibilità di seguire dei laboratori di musica e canto. Scoprendo talenti e potenzialità. Ascolta anche il PODCAST
Con i suoi grattacieli ultra moderni, le strade larghe e trafficatissime, ma soprattutto le sue periferie sterminate, Ho Chi Minh City – o Saigon come molti continuano a chiamarla – è una metropoli che sembra non finire mai. Il rumore delle migliaia di motorini che sfrecciano ovunque e il cielo lattiginoso di umidità e inquinamento contribuiscono a creare un effetto-bolla da cui sembra di non poter più uscire. Poi, finalmente, costruzioni e rumori si diradano, e quasi scompaiono del tutto quando si varca il cancello della grande casa delle Missionarie della Carità di Bin Dhuong, dove invece si sentono solo i vagiti dei neonati e le voci di un coro di bambini.
È un piccolo mondo a parte. Le religiose – che qui non portano il tradizionale sari bianco bordato di azzurro, ma semplici pantaloni neri e camicette bianche o azzurre – sono piene di sorrisi e premure, ma parlano solo il vietnamita. Che si tratti delle Missionarie della Carità, tuttavia, non c’è alcun dubbio viste le numerose immagini di Madre Teresa che sbucano da tutte le parti. Ma è anche lo stile a parlare di una presenza e di un impegno che pure qui si realizzano al fianco dei più poveri tra i poveri: ovvero i bambini orfani o abbandonati.
In questa casa, che si è recentemente ingrandita grazie a una donazione – o alla Provvidenza, come dice suor Marie-Lucie, l’unica che parla un po’ di francese per aver trascorso qualche anno a Nizza – ce ne sono un’ottantina. Alcuni sono appena nati. Altri hanno da poco compiuto i 18 anni. La maggior parte di loro è coinvolta in un progetto cha parla un po’ anche di Italia, quello della World Youth Orchestra, che qui ha realizzato una scuola di musica e canto cominciata in febbraio e conclusa in queste settimane. L’orchestra, che ha sede a Roma ma che si compone e ricompone di sempre nuovi musicisti in base ai luoghi e ai progetti a cui dà vita, è approdata quest’anno in Vietnam, dove lo scorso aprile ha realizzato due concerti nella capitale Hanoi, affiancati da un corso di teatro e da una lectio universitaria su Puccini in occasione del centenario della morte. A Saigon, invece, è stata realizzata la parte più sociale del progetto “Suoni di fratellanza”.
L’idea è sorta quasi per caso o – come ribadirebbe suor Marie-Lucie, che è stata anche superiora della comunità di Bin Dhuong – per mano della Provvidenza. Lo scorso anno, infatti, si sono conosciuti a Taizé, in modo del tutto fortuito, l’organizzatore della tournée dell’orchestra, Matteo Penazzi, e un prete vietnamita, padre Dominic Nguyen, in viaggio verso la GMG di Lisbona. Da quell’incontro sono nati questi laboratori, che vedono coinvolti bambini e ragazzi ospiti delle missionarie e cinque maestri vietnamiti tutti molto giovani e motivati.
Nguyen Hoang Le Vu, 23 anni, ne è il coordinatore. Insegnante di musica in una scuola di Ho Chi Minh City, dirige anche il coro della sua parrocchia. Il giovane maestro è piuttosto severo ed esigente, ma mostra anche grande empatia con i bambini: «Quando vedo il loro impegno e la loro gioia nel cimentarsi con il canto e con gli strumenti musicali mi sento felice. Mi trasmettono una grande energia e mi ripagano di tutte le fatiche».
«Molti di loro – ci fa notare Bao Tran, 20 anni, maestra di violino – avevano visto uno strumento musicale solo nei cartoni animati! Mai avrebbero pensato di prenderne in mano uno e di imparare a suonarlo». Invece, finite le prove di canto, ecco che i ragazzini e le ragazzine un po’ più grandi si dividono in gruppi e cominciano le prove: chi al violino, chi al piano, chi alla batteria… «Per questi ragazzi imparare a suonare uno strumento è qualcosa di speciale!», ribadisce Bao Tran. La musica, del resto, ha cambiato anche la sua vita, così come la solidarietà della comunità della sua parrocchia, che l’ha aiutata economicamente a sostenere l’esame del conservatorio. «Adesso sento di dover restituire quello che ho ricevuto a questi bambini che non hanno neppure una famiglia».
In effetti, dietro all’apparenza di serenità e armonia che la musica e il canto trasmettono, ci sono tante storie di sofferenza e spesso di violenza. I bambini accolti dalle suore di Madre Teresa, infatti, hanno tutti alle spalle situazioni molto difficili. «Molti di loro sono orfani – ci spiega suor Marie-Lucie – o sono figli di madri single, che sono stati abbandonati. A volte le stesse ragazze vengono cacciate dalla famiglia. Partorire un figlio al di fuori dal matrimonio è considerato un grande disonore, una vergogna».
Attualmente, le religiose accolgono alcune ragazze-madri rifiutate dalla famiglia o vittime di violenze. Una sembra lei stessa una bambina mentre culla il suo neonato. «Ha 15 anni – ci dice la suora -, ma a volte sono ancora più giovani. Noi cerchiamo di rintracciare i genitori per provare a rimandarle a casa. Molti però rifiutano, anche perché spesso vivono nella miseria e nella precarietà più assolute».
Accanto alla stanzetta dei neonati, ci sono i bimbi più grandicelli che imparano a camminare. Sono curiosi e vivaci. Una delle religiose li fa giocare. Sono in tutto una ventina le suore di Madre Teresa che si prendono cura di questi bambini, come in una grande famiglia, in cui si cerca di guarire i traumi dell’abbandono e spesso delle violenze e di dare gli strumenti perché possano camminare un giorno da soli, in autonomia. Un grande impegno, anche economico, viene riservato alla formazione. Compresa la musica. «È un linguaggio universale che crea connessioni incredibili – sostiene il Maestro Damiano Giuranna, fondatore e direttore della World Youth Orchestra, nata nel 2001, con l’idea di promuovere giovani talenti in tutto il mondo, ma anche di poter operare come strumento di “diplomazia culturale” capace di diffondere valori come la pace, la fratellanza, l’eguaglianza e la dignità. E infatti, prima di approdare in Vietnam, l’orchestra si è esibita in luoghi e situazioni di conflitto o di crisi. «Dopo le esperienze realizzate in Paesi come Israele, Palestina, Iran, Marocco, Libano, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria e all’Onu di New York, oltre che in molti contesti italiani, il progetto “Suoni di fratellanza” ci ha portati a sperimentare anche questa forma di solidarietà attraverso i laboratori musicali realizzati con le Missionarie della Carità. I bambini e i ragazzi che sono stati coinvolti hanno potuto così apprendere i primi rudimenti musicali, imparare a suonare strumenti classici e della tradizione vietnamita, dare vita a un coro e migliorare le loro capacità relazionali». E anche guardare al futuro con maggiore fiducia. Come Ly, che ha appena compiuto 18 anni e che vorrebbe frequentare l’università. «È molto costosa e noi non possiamo permettercela», riflette suor Marie-Lucie. Che però aggiunge prontamente con un sorriso: «Ma la Provvidenza ci aiuterà anche in questo!».
WORLD YOUTH ORCHESTRA
La World Youth Orchestra è nata a Roma nel settembre del 2001 all’indomani dell’attentato alle torri gemelle di New York. Nominata Goodwill Ambassador dall’Unicef Italia, ha ricevuto molti riconoscimenti nazionali e internazionali. Dopo molte iniziative soprattutto in Medio Oriente, quest’anno si è aperta al Sud-est asiatico, attraverso il progetto “Suoni di fratellanza”, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in Vietnam e al sostegno della Fondazione Cassa Depositi e Prestiti, che hanno permesso a una settantina di giovani musicisti provenienti da 19 Paesi di incontrarsi ed esibirsi in due straordinari concerti alla Concert Hall e all’Opera di Hanoi.