Si è spento ieri sera all’età di 86 anni padre Giulio Mariani, missionario nelle Filippine. Era stato il primo parroco della comunità di Maria Regina degli Apostoli, la parrocchia del Pime a Paranaque, nella grande periferia di Manila
Consumato dalla malattia che ormai da alcuni giorni lo stava spegnendo ci ha lasciato nella tarda serata di ieri padre Giulio Mariani, 86 anni, missionario del Pime, a lungo grande formatore nei seminari dell’istituto e poi per quasi trent’anni in prima linea nel contesto difficile della missione nelle Filippine.
Nel grande arcipelago dell’Estremo Oriente era arrivato dall’esperienza di formatore nei seminari del Pime, padre Giulio. Nato a Vedano al Lambro (Mb) nel 1933, Mariani aveva completato la sua formazione teologica negli Stati Uniti dove era stato ordinato sacerdote nel 1957. E nell’Ohio era stato responsabile del seminario di Newark, l’allora seminario del Pime per l’America, oltre che animatore missionario. Nel 1974 era rientrato in Italia dove – dopo un ulteriore periodo di studi all’Università Gregoriana – era stato nominato rettore del Seminario di Monza, incarico che tenne fino al 1984. Per questo tanti missionari del Pime lo ricordano come un padre che ha accompagnato con sapienza i primi passi della loro vocazione.
Poi nel 1985 era arrivata anche per lui la gioia della partenza; in un contesto – però – difficile come quello delle Filippine di allora, governate dal regime autoritario di Fernando Marcos. E fin dall’inizio il suo cammino fu segnato dall’incontro con l’esperienza del martirio. Arrivato ai primi di febbraio, a Tulunan – durante la visita che ogni missionario del Pime compie a tutti i confratelli appena arriva nel Paese di destinazione – aveva avuto la gioia di reincontrare padre Tullio Favali, uno dei giovani che aveva avuto con sé in seminario. Una gioia particolare anche per il percorso particolare compiuto da padre Tullio che – alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale – era una prima volta spontaneamente uscito dal seminario per verificare meglio la sua vocazione. Qualche anno dopo era stato proprio Mariani a riaccoglierlo, verificando di persona quanto radicata fosse la sua chiamata al sacerdozio e suggerendogli le Filippine come destinazione. Nell’aprile 1985 proprio padre Favali fu colpito a morte da un gruppo paramilitare. «Senza saperlo l’ho mandato al suo martirio», ricordava padre Mariani.
«Quel giorno fui mandato a Manila per tenere il contatto con i media – scriveva padre Giulio ricordando quell’esperienza -. Infatti, giornali, notiziari TV e radio, specialmente quelli controllati dal governo, stavano facendo una campagna di denigrazione pubblicando grossolane falsità per screditare il nostro confratello. Tullio veniva presentato come un simpatizzante degli NPA, quindi comunista. I dispacci del governo sostenevano che Tullio era stato eliminato dagli stessi NPA per un suo presunto sgarbo. Mio compito era anche quello di incontrare il cardinale di Manila, Jaime Sin, e il nunzio apostolico, mons. Bruno Torpigliani, per ragguagliarli sulla verità dei fatti. Entrambi non sapevano che cosa pensare nella confusione delle contrastanti notizie che uscivano dai media. Per entrambi, i padri del Pime, per via dei trascorsi di Tondo con le varie espulsioni di alcuni nostri missionari, erano sotto sospetto. Mi ricordo che il cardinale, dopo avermi ascoltato e accolto la verità dei fatti, prima di congedarmi, mi disse: You people are always in trouble! («Voi siete sempre nei pasticci!). Ho risposto: Maybe that’s because we are always on the side of the poor! («Forse perché siamo sempre dalla parte dei poveri»). Il cardinale ha taciuto e mi ha salutato. Poi ha accettato di celebrare una Messa solenne di suffragio per padre Tullio nella grande Chiesa dei Clarettiani a Quezon City, alla presenza di una grande folla di preti, religiosi e religiose, e tanti laici. La sua omelia, con parole fortissime contro la dittatura e parole di lode per il sacrificio di padre Tullio, ha fatto tremare Marcos».
Quell’incontro con il cardinale Sin segnò anche la vita missionaria di padre Giulio: l’aveva talmente convinto che l’arcivescovo decise di affidare al Pime la parrocchia di Paranaque, una zona poverissima dell’estrema periferia di Manila, vicino all’aeroporto. Così nacque la parrocchia Maria Regina degli Apostoli, tuttora la parrocchia del Pime a Manila, di cui padre Mariani fu il primo parroco, dal 1985 al 1992. L’altro grande volto del suo apostolato missionario nelle Filippine fu l’impegno nel centro Euntes a Zamboanga, nell’isola di Mindanao: un centro missionario affacciato sul mare di Sulu con il compito della formazione di sacerdoti, religiosi e laici per la missione in tutta l’Asia. Fu padre Mariani ad animarlo fino al 2011 quando il Pime fu costretto a chiuderlo anche per la situazione sempre incandescente nella tormentata isola del sud delle Filippine.
Dal 1991 padre Mariani era stato anche superiore regionale del Pime per le Filippine. E in questa veste si ritrovò di nuovo faccia a faccia con l’esperienza del martirio in occasione della morte di un altro confratello: padre Salvatore Carzedda, colpito a morte proprio a Zamboanga nel 1992, questa volta per mano degli estremisti musulmani. «Il vescovo di Zamboanga, all’epoca, diceva che “un buon musulmano è un musulmano morto”. I cristiani avevano paura dei musulmani e viceversa: c’era una cultura dell’odio assorbita col latte materno», ci aveva raccontato padre Giulio due anni fa ricordando quei giorni in una serata tenuta al Centro Pime a 25 anni dal martirio di padre Carzedda. «Carzedda aveva un entusiasmo e uno zelo travolgente, era capace di intavolare discorsi con tutti e con i musulmani ripeteva “Siamo fratelli, crediamo nello steso Dio, guardiamo alle cose che ci uniscono”. Il vescovo lo “usava” per andare a trattare con i musulmani perché ne era capace. Uno dei casi più delicati è stato quando lo ha mandato a parlare del mistero della Trinità. In quel frangente una giornalista musulmana, sua amica, ha raccontato che le era sembrato “come Daniele nella fossa dei leoni”. Quella sera del 20 maggio l’ho trovato in una pozza di sangue, col volto sereno, al volante del suo veicolo, che aveva attraversato la corsia contraria finendo contro un palo».
Tra le altre situazioni delicate che dovette affrontare padre Mariani in quegli anni nelle Filippine ci furono i rapimenti di padre Luciano Benedetti e padre Giancarlo Bossi. E l’ultimo martirio, quello nel 2011 di padre Fausto Tentorio, un altro dei missionari che aveva conosciuto fin dai tempi del seminario. «Per più di trent’anni tra le popolazioni tribali dell’Arakan ha fatto un lavoro magnifico – diceva di lui -. La sua era una missione delicata perché quando hai a che fare con emarginazione e la povertà sei destinato a dare fastidio».
Pochi anni dopo arrivò per lui il temo del ritorno in Italia a causa delle condizioni di salute. Non aveva però per questo smesso di essere missionario: nella casa del Pime di Sotto il Monte, la casa natale di Papa Giovanni XXIII, finché le forze glielo hanno permesso ha incontrato i pellegrini regalando a tutti la sua parola buona di speranza. E anche quando si è dovuto trasferire nella casa per i missionari anziani e malati a Rancio di Lecco è rimasto fino all’ultimo attivissimo su Facebook, con uno sguardo d’amore particolare per le sue Filippine.
Le esequie di padre Giulio Mariani si terranno venerdì 20 settembre: alle 9.30 il funerale alla casa del Pime di Rancio di Lecco; alle 14.30 la Messa di suffragio a Vedano al Lambro (Mb), suo paese natale. Seguirà la sepoltura al cimitero di Vedano.