Il Papa a Mondo e Missione: «Siete voce dei senza voce»

Il Papa a Mondo e Missione: «Siete voce dei senza voce»

In occasione dei 150 anni della nostra rivista, Papa Francesco ci ha ricevuto in udienza il 13 ottobre. Affidandoci un impegno: «Andate avanti, fedeli alle vostre radici, attenti ai segni dei tempi e aperti al futuro di Dio»

Il 13 ottobre scorso Papa Francesco ha concesso alla nostra rivista un’udienza speciale in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dall’inizio delle pubblicazioni, che ricorrono quest’anno. Riportiamo qui sotto il testo integrale delle parole che il Pontefice ci ha rivolto in quest’occasione.

Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, che in diversi modi lavorate e collaborate alla rivista Mondo e Missione, nata 150 anni fa. Si chiamava allora Le Missioni Cattoliche. La sua “culla” fu il Seminario Lombardo per le Missioni Estere, e il suo modello Les Missions Catholiques, che l’Opera della Propagazione della Fede aveva cominciato a pubblicare quattro anni prima, a Lione. Ci colpiscono l’attualità, la modernità, l’orizzonte di quella iniziativa, che fin dall’inizio esprime e promuove una Chiesa “in uscita”. Sì, quando si è in uscita si rimane giovani. Se tu stai seduto lì, senza andare, invecchi presto.

Va sottolineato che la rivista nacque per rispondere a un’esigenza del popolo di Dio: tanti volevano leggere le storie dei missionari – eroiche -, sentirsi vicini a loro e alle loro opere, accompagnarli con la preghiera. E volevano anche conoscere i Paesi e le culture in modo diverso da quello più comune, a quei tempi intriso di mentalità coloniale: con uno sguardo cristiano, rispettoso e attento ai “semi” di verità e di bene sparsi nel mondo. Rendiamo omaggio alla memoria di padre Giacomo Scurati, primo direttore, e ai suoi collaboratori. Essi compresero il valore della comunicazione nella missione, anzitutto per la Chiesa stessa, per essere estroversa, e pienamente coinvolta nell’evangelizzazione, tutta missionaria, tutta evangelizzatrice. Questi pionieri di 150 anni fa capivano l’importanza di far conoscere i Paesi a cui erano destinati e il modo in cui, in quelle terre lontane, avveniva l’incontro tra il Vangelo e le comunità locali. Fin dall’inizio, dunque, la rivista fu portatrice di uno sguardo ampio, aperto alle ricchezze di ogni popolo e di ogni Chiesa locale. E questa resta ancora oggi la vocazione di Mondo e Missione, come venne “ribattezzata” nel 1969, per assumere lo spirito e gli insegnamenti del Concilio Vaticano II riguardo alla missione ad gentes.

Per molti anni, le lettere e le cronache dei missionari hanno restituito in maniera accurata i contesti e la vita delle popolazioni con cui venivano in contatto. E ancora oggi i reportage e le testimonianze dirette rappresentano la caratteristica più propria della rivista, grazie a racconti da luoghi o situazioni di cui pochi altri parlano: periferie geografiche ed esistenziali, che, in un mondo dove la comunicazione apparentemente ha accorciato le distanze, continuano però a rimanere relegate ai margini. Le distanze si sono accorciate, è vero, ma le “dogane” ideologiche si sono moltiplicate. E allora la sfida diventa ancora oggi andare proprio lì per far conoscere la bellezza e la ricchezza delle differenze, ma anche le tante storture e ingiustizie di società sempre più interconnesse e allo stesso tempo segnate da pesanti diseguaglianze.
Essere voce dei senza voce è un compito primario della rivista, come di altre iniziative che il Pime ha promosso nel campo della comunicazione: l’agenzia AsiaNews, i contenuti multimediali, la presenza nelle reti sociali, le attività culturali e di animazione. Tutti modi per raccontare il mondo mettendosi dalla parte di chi non ha diritto di parola o non viene ascoltato, dei più poveri, delle minoranze oppresse, delle vittime di guerre dimenticate.

Questo lo voglio sottolineare: le guerre dimenticate. Oggi tutti siamo preoccupati – ed è buono che sia così – di una guerra qui in Europa, ma da anni ci sono guerre: più di dieci anni in Siria, pensate allo Yemen, pensate al Myanmar, pensate in Africa. Queste non entrano, non vengono dall’Europa colta… Le guerre dimenticate sono un peccato, non si può dimenticarle così.
E anche fare memoria di chi opera silenziosamente e tenacemente “dal basso” per costruire un mondo diverso, tracciando percorsi di solidarietà e di riconciliazione in contesti segnati da crisi o violenza.
Come rivista missionaria, Mondo e Missione ha però anche un altro compito specifico che la caratterizza: quello di aiutare a riconoscere che la missione è al centro. Lo ripeto: riconoscere che la missione è al centro. Ricordare alle comunità cristiane che se guardano solo a se stesse, perdendo il coraggio di uscire e portare a tutti la parola di Gesù, finiscono per spegnersi. Mostrare come il Vangelo, incontrando popoli e culture diversi, ci viene riconsegnato ogni giorno nella sua novità e freschezza. E crea dialogo e amicizia anche con chi professa altre religioni, riconoscendosi figli dell’unico Padre. Perché la realtà si vede meglio dalle periferie. Di questo vi ringrazio in modo particolare.

In quelle che continuano a essere considerate “periferie”, ai missionari è capitato spesso di scoprire che lo Spirito Santo era arrivato prima di loro. Chi era partito per evangelizzare, si è trovato il più delle volte a ricevere una Buona Notizia. Come i discepoli di Gesù, inviati a due a due per predicare tra i poveri e i piccoli, così anche i missionari di ieri e di oggi incontrano spesso la gioia e la vita nuova che il Vangelo è capace di generare. E un’esperienza così non è possibile tenerla per sé. In questo senso, diventa sempre più importante dare voce a Chiese giovani e in crescita, a comunità – fondate a volte dal Pime – che oggi esprimono dinamiche nuove e promettenti, docili allo Spirito.
In un mondo purtroppo segnato da tante ferite, è questa – alla fine – la ragione che dopo 150 anni spinge a realizzare ancora una rivista come Mondo e Missione: dare voce alla speranza che l’incontro con Cristo semina nella vita delle persone e dei popoli. Per dire a tutti che un mondo migliore è possibile, quando seguendo Gesù impariamo a tendere la mano a ogni fratello e sorella.
Cari amici, vi ringrazio di avermi fatto conoscere meglio la vostra storia e il vostro impegno. Andate avanti! Fedeli alle vostre radici, attenti ai segni dei tempi e aperti al futuro di Dio. Vi benedico di cuore e benedico anche i lettori e i sostenitori di Mondo e Missione. E vi chiedo per favore di pregare per me.


Una giornata storica per il Pime

L’udienza che Papa Francesco ha voluto concedere al Pime in occasione dei 150 anni della nostra rivista Mondo e Missione è stato un avvenimento che resterà nella memoria dell’Istituto. All’incontro – tenutosi nella mattinata del 13 ottobre nella Sala Clementina, all’interno del Palazzo Apostolico in Vaticano – insieme alla direzione generale del Pime, alla redazione e ai collaboratori della rivista ha partecipato anche un folto gruppo di missionari, dipendenti del Centro Pime di Milano e amici dell’Istituto a sottolineare come l’anniversario che celebriamo quest’anno sia inseparabile da tutte le altre attività di animazione missionaria che portiamo avanti in Italia e nel mondo. Papa Francesco ha ascoltato con attenzione l’indirizzo di saluto rivoltogli dal nostro direttore padre Mario Ghezzi. E – nel suo discorso – ha sottolineato con particolare calore la ferita delle troppe guerre dimenticate dall’opinione pubblica solo perché avvengono lontano dall’Europa. Poi si è fermato a salutare a uno a uno tutti i presenti, con grande paternità e affetto.
A Papa Francesco – insieme agli ultimi numeri di Mondo e Missione e a un fascicolo che ne ripercorre la storia – abbiamo consegnato anche un dono che dice molto della nostra storia: una fotografia d’epoca che padre Leone Nani, missionario in Cina nella regione dello Shaanxi tra il 1903 e il 1914, si scattò mentre battezzava alcuni catecumeni. Un gesto che unisce la testimonianza missionaria e l’anelito a comunicarla.

La redazione di Mondo e Missione nella sala dell’ udienza. Al centro, il superiore del Pime, padre Ferruccio Brambillasca