Aperta una campagna di raccolta fondi che andrà a sostenere le iniziative di solidarietà che stanno mettendo in campo il Vicariato Apostolico dell’Anatolia e i frati minori della Custodia di Terra Santa nel Nord della Siria. Le modalità per contribuire.
Di fronte a un bilancio di vittime e di distruzione catastrofico, anche la Fondazione Pime ha deciso di attivarsi con una propria raccolta fondi in favore delle popolazioni colpite dal terremoto che ha devastato vaste aree della Turchia e della Siria. «Di fronte a questa tragedia – spiega la Fondazione lanciando la Campagna – pur non avendo missioni in loco, non possiamo esimerci dallo stare a fianco delle decine di migliaia di sorelle e fratelli bisognosi con le azioni oltre che con la preghiera».
La raccolta fondi andrà a sostenere due realtà specifiche. Per la Turchia, il Pime invierà le donazioni alla Caritas del Vicariato apostolico dell’Anatolia, la piccola comunità cattolica che vive nel territorio più colpito dal sisma e che in queste ore – come è nel suo stile – nonostante i gravi danni subiti si sta mobilitando per accogliere nelle strutture ancora agibili chiunque abbia bisogno.
Nel Nord della Siria, invece – dove i danni del terremoto vanno ad aggiungersi alle ferite della guerra che dura ormai da dodici anni e proprio in questa regione non è mai finita, nonostante il silenzio calato da tempo sul conflitto – gli aiuti raccolti dalla Fondazione Pime verranno girati ai frati minori della Custodia di Terra Santa che svolgono qui il loro ministero e che ad Aleppo si sono subito attivati per prestare assistenza a chi ha più bisogno.
Una delle zone più colpite della Turchia è quella di Antakya, l’antica Antiochia, che porta con sé l’eredità di un mosaico ecumenico e interreligioso unico: qui il terremoto ha fatto crollare anche il minareto e la sinagoga che sorgevano nei pressi della piccola chiesa cattolica latina, nel centro storico. Proprio la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, uno dei pochi edifici risparmiati dalle scosse perché più basso e robusto, oggi accoglie gli sfollati del quartiere: cattolici, ortodossi, musulmani in cerca di un riparo dal gelo dell’inverno del Sud-est turco.
Il vicario apostolico dell’Anatolia, monsignor Paolo Bizzeti, racconta come questo sia uno dei luoghi più significativi del cristianesimo in Medio Oriente: «Se Gerusalemme è considerata la Chiesa madre, Antiochia può essere vista come la madre del cristianesimo dialogante – osserva -: da qui è partito l’annuncio del Vangelo e la città è punto di riferimento non solo della Chiesa bizantina e occidentale, ma anche di quella siriaca. E resta sede patriarcale, sebbene i titolari oggi risiedano altrove». In questa terra dove «nel primo e nel secondo secolo si è assistito all’elaborazione della teologia cristiana con Luca, Paolo e Barnaba», oggi «la comunità cristiana è variegata ed è stata capace di unificare la data della Pasqua, un elemento non di poco conto. Ci sono diverse iniziative in comune e anche il rapporto con le autorità è buono». Sul piano sociale, tuttavia, quest’area vicinissima al confine siriano negli ultimi anni aveva subito i contraccolpi della guerra: «Un quarto degli abitanti è costituito da rifugiati e questa presenza inevitabilmente crea molti problemi».
Il simbolo del martirio siriano resta Aleppo, già duramente ferita dal conflitto e ora gettata in una condizione di precarietà se possibile ancora più grave. Il nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari, ha visitato subito dopo il sisma quella che un tempo era la capitale economica e commerciale del Paese, oggi messa in ginocchio anche da Covid, sanzioni, colera. «In un primo momento, davanti a simili tragedie, si rimane senza speranza, ma ora è tempo di rimboccarsi le maniche, sia a livello di gente che di istituzioni: questa calamità è un test di umanità, perché possano finalmente tacere le armi e si superino le divisioni», ha dichiarato il cardinale Zenari ad AsiaNews.
«Anche la comunità internazionale deve superare i contrasti ideologici e collaborare affinché siano messe da parte le sanzioni, in particolare su gas e petrolio», ha sottolineato il presule. Sanzioni che impattano anche sui soccorsi: «Operare in Siria oggi è molto complicato: oltre alle strutture distrutte, mancano benzina, elettricità, gasolio… io stesso ho dovuto viaggiare da Damasco ad Aleppo con una scorta di carburante che è impossibile da trovare. Servono poi cibo, gas per cucinare, il peso della guerra è enorme». In un oceano di necessità, la Chiesa oltre a ospitare gli sfollati ha deciso di estendere a tutti i bisognosi le cure mediche fornite da uno dei tre Ospedali Aperti (due nella capitale e uno proprio ad Aleppo) da anni attivi nel Paese grazie al supporto della ong Avsi.
Chi vuole contribuire alla raccolta fondi promossa dalla Fondazione Pime può farlo direttamente on line a questo link oppure con queste altre modalità di donazione indicando la causale “Emergenza terremoto Turchia e Siria – S147”.
Accanto all’invito alla solidarietà resta poi l’impegno a stare accanto alle vittime del terremoto attraverso le notizie che diffondiamo su AsiaNews e Mondo e Missione – le testate di informazione della Fondazione Pime – che continueranno a raccontare il dramma, i piccoli segni di speranza e le sfide per una ricostruzione che tenga conto anche delle altre devastazioni che da troppo tempo impoveriscono e insanguinano queste terre.