Nella diocesi di Bagdogra, nello Stato del West Bengal al confine con il Bangladesh, il Pime ha preso in consegna la parrocchia dell’Holy Cross. Padre Prasant Kumar Gunja: «Qui manca tutto, la popolazione è molto povera, lavora nelle piantagioni di tè e non frequenta la scuola. Proprio per questo, è ancora più forte la mia fame a voler fare di più per questa gente»
Una parrocchia “nel solco della continuità con i missionari che hanno operato in precedenza, per rifondare la presenza del Pime in West Bengal e come segno della Provvidenza divina per un aiuto pastorale concreto ai cattolici della diocesi”. È la chiesa che il Pontificio istituto missioni estere a Kharubanga, nella diocesi di Bagdogra, al confine con il Bangladesh, ha preso in consegna il 2 febbraio. Lo racconta ad AsiaNews p. Prasanth Kumar Gunja, nuovo vice parroco della Holy Cross Church e inviato dall’istituto per ricreare la presenza missionaria in questa zona dell’India. “È davvero – sottolinea – una terra di missione. Manca tutto. La popolazione è molto povera, lavora nelle piantagioni di tè e non frequenta la scuola. Proprio per questo, è ancora più forte la mia fame a voler fare di più per questa gente”.
Ieri all’inaugurazione erano presenti circa 500 persone, “tra cui molti fedeli, le missionarie dell’Immacolata [congregazione femminile associata al Pime, ndr], p. Clement Tirkey, ex reggente della piccola chiesa”. Quest’ultimo, prosegue il sacerdote, “ha concelebrato la messa insieme a mons. Vincent Aind, vescovo di Bagdogra, al nuovo parroco p. Xaviour Ambati Babu, Pime, rientrato dal Cameroun dopo 15 anni, e a me, che avrò anche il compito d’introdurre il parroco nella vita della comunità”.
La parrocchia del Pime è una piccola costruzione a circa quattro chilometri dalla strada che porta a Calcutta. Oltre alla chiesa, c’è solo una stanza in cui abitava l’ex reggente e dove alloggerà p. Prasanth. Mancano la camera e l’ufficio del parroco, attualmente in costruzione. “Speriamo – dice il missionario – di poter finire entro la prossima settimana, così finalmente potremo trasferirci”.
Il luogo di culto è situato nell’entroterra, a grande distanza dalle maggiori città. “Bisogna allontanarsi diversi chilometri dalla via principale – spiega – per trovare la chiesa che serve nove villaggi. Nell’area ci sono quasi 400 famiglie cattoliche, per un totale di 1.500 fedeli. La distanza è una delle sfide più grandi, perché le persone sono isolate da tutto, dalle scuole, dal mercato”.
Tra le prime iniziative che il Pime vorrebbe attuare è “ampliare la chiesa che è troppo piccola e ospita al massimo 150 persone. Questo vuol dire che la domenica, giorno in cui quasi tutti i fedeli vengono a messa, solo uno su dieci riesce a entrare, gli altri rimangono fuori”. In secondo luogo, “vogliamo puntare sulla formazione spirituale dei fedeli, agevolare i contatti con le altre parrocchie, rendere concreta la partecipazione alla vita della Chiesa come una grande famiglia, creare il sentimento di reciprocità”.
A tal proposito, aggiunge, “ho notato una buona partecipazione da parte dei giovani, che ieri hanno aiutato nella preparazione della cerimonia senza che nessuno glielo avesse chiesto. È sintomo che essi sono pronti per la Chiesa e questo dà buone speranze anche per le vocazioni future”. Assieme alla pastorale giovanile, dice p. Prasanth, “dobbiamo valorizzare l’educazione dei bambini. La parrocchia gestisce una scuola primaria dove studiano 271 minori fino alla quarta classe. Le loro famiglie sono molto povere, in maggioranza impiegate nell’industria del tè. Guadagnano pochissimo e non possono permettersi di pagare gli studi superiori. Vorremmo avviare un programma di adozioni a distanza per dare loro un futuro diverso”.
La mancanza di strutture, l’estrema povertà, il bisogno di cura pastorale, “rendono ancora più urgente la presenza missionaria. L’inaugurazione, nel giorno della Presentazione di Gesù al Tempio, è segno della Divina Provvidenza, che ci guida nell’aiuto a queste famiglie”. “Avere una parrocchia del Pime – dice – in questa zona così remota, è una grande gioia: ricrea il senso di famiglia, di appartenenza alla missione. Siamo pronti a raccogliere questa sfida di Chiesa in uscita”.