Antistatue
Appena fuori dell’aeroporto di Dhaka, allo svincolo che immette sulla strada che conduce in città, c’era un meraviglioso albero secolare di cui parlavano anche i libri di botanica. Abbattutolo, Tareque Aziz, il figlio della ex primo ministro Khaleda Zia, l’ha sostituito con una grande, orribile fontana. L’attuale governo ha tolto la fontana, piazzando al suo posto cinque maestose statue di baul, cantori popolari che comunicano messaggi di armonia fra le religioni, interiorizzazione, pace. Una delle glorie culturali del Bengala. Non avevano ancora finito di installare, quando hanno iniziato a rimuoverle. Il “Comitato di Resistenza contro le Statue” – legato a un partitello islamico che faceva parte dell’ultima coalizione di governo, aveva minacciato sfracelli se le avessero lasciate lì, a turbare la fede e la tranquillità spirituale dei pellegrini che sostano in apposito campo della zona quando si preparano ad andare alla Mecca. Associazioni culturali, università, quotidiani stanno protestando con forza, ma il lavoro è proseguito, e il partitello ha promesso che – se andrà al potere – eliminerà tutte le statue in Bangladesh. “Al potere quel partito non ci arriverà mai – commenta un giornalista – ma intanto il governo ha paura e fa quello che gli viene detto, in nome di un Islam falso e che la grande maggioranza dei Musulmani rifiuta”.
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