Ingabbiati
Collinosa, ancora ricca di boschi, l’area chiamata “Chittagong Hill Tracts” sta sulla fascia sud est del Bangladesh, al confine con India e Myanmar. La abitano da tempo immemorabile una ventina di gruppi aborigeni diversi, con un’interessante varietà di lingue, culture, religioni. Dalla nascita del Pakistan (1947) è diventata oggetto del desiderio di molti. Bengalesi in cerca di nuove terre da occupare, investitori, predicatori, avventurieri, profughi, commercianti di esseri umani, fondamentalisti. La costruzione della diga di Kaptai, con la creazione di un grande lago artificiale con impianti idroelettrici ha dislocato centinaia di migliaia di persone, in parte ancora non sistemate. Ci sono stati venti lunghi anni di guerriglia contro il governo che non riconosceva gli aborigeni e che aveva come politica la rapida “bengalesizzazione” (e conseguente islamizzazione) della regione. Nel 1997 si firmò un trattato di pace con il disarmo dei guerriglieri e la promessa della demilitarizzazione della zona. Le promesse non sono state mantenute; ancora oggi la zona pullula di militari e forze di polizia di vario tipo. Scontri fra bengalesi e aborigeni sono frequenti, e sempre con lo stesso risultato: altre terre occupate, altre ingiustizie senza punizioni, stupri, altra paura che si diffonde. L’apertura di alcuni “Medical College”, presentati dal governo come segno del suo interesse per gli aborigeni, è vista da questi come un nuovo trucco per far entrare nell’area personale universitario e studenti provenienti da altre zone del Bangladesh.
Per gli stranieri la visita agli Hill Tracts richiedeva permessi speciali, e avveniva sotto stretto controllo. Dal gennaio scorso, altro giro di vite. Non basta più il permesso delle autorità locali. Precisando nei dettagli dove si va, perché, con chi, bisogna rivolgersi “almeno un mese prima” al ministero degli interni, che chiederà un rapporto ai servizi segreti. Inoltre, stranieri e bangladeshi, chiunque provenga da altre aree, potrà visitare villaggi e parlare con aborigeni solo in presenza di forze di polizia o rappresentanti dell’amministrazione. Credevo superate le restrizioni di dieci anni fa, quando le mie prime visite all’ostello di Tong Khyang Para si effettuavano sotto scorta di ben cinque poliziotti, invece pare che sarà peggio. Inoltre, le ONG che operano in zona dovranno presentare rapporti e giustificare le loro spese in maniera più stringente e dettagliata di come relazionano il lavoro in altre zone.
Il provvedimento, emanato il 7 gennaio, per alcuni giorni è stato accolto con un preoccupante silenzio. Ora per fortuna si fanno sentire reazioni e critiche molto vive di giornali e organizzazioni per i diritti civili. Qualche pezzo grosso ha già detto che ci si potrà ripensare… Speriamo.
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