Legalità
Chiamiamolo Dilip, perché non si sa mai. Un simpatico giovanotto sui 25 anni, studente universitario pieno di buona volontà, e pure mezzo intenzionato a farsi missionario.
Tempo fa aveva accompagnato in visita per Dhaka uno straniero, guadagnandosi 50 euro. Li custodisce gelosamente finché, mesi dopo, si trova a dover pagare il conto di ospedale e cure per la sorella ammalata. Dà uno sguardo d’addio ai 50 euro, li mette nello zainetto insieme a 2000 taka (valore 20 euro), poi esce per venire a chiedermi di cambiarglieli.
Giorno di sciopero, uno dei tanti. Questa volta a proclamarlo e organizzarlo sono quelli del Jamaat, i fondamentalisti, i “duri”, capaci non solo di picchiare e incendiare, ma di mettere bombe. Quindi le forze dell’ordine hanno un mandato severo: sorveglianza strettissima.
Dilip, a piedi, gira l’angolo e viene fermato da una pattuglia di polizia. “Che hai nello zaino?” Saltano fuori un mango e un coltellino per tagliarlo – sequestrato – poi i 50 euro, che spariscono, e le 2000 taka, consegnate al “capo”. “Quanto valgono quegli euro?” “Non so, stavo andando a cambiarli, spero abbastanza per pagare l’ospedale…” L’interrogatorio si prolunga, si fa duro. “Ti portiamo alla stazione di polizia.” Pausa per passare ad altri malcapitati: uno sta portando a riparare un portatile, e viene accusato di averlo rubato. Un altro è sospetto perché non ha con sé nulla, quindi… sta leggero per andare a tirare sassi. Nuovo interrogatorio. Nuova attesa. Si fa avanti un poliziotto: “Lo conosco, è un bravo ragazzo del mio paese, potete lasciarlo andare.” “Quanto ci dai?”. Dilip pensa al conto, discute pieno di paura, poi concordano 1000 taka – e una firma su una pagina in bianco, con tanto di nome, indirizzo, telefono, e dati vari.
“Posso andare?” “Certo!” Ora si fanno in quattro per trovargli un triciclo a motore e minacciano l’autista perché non chieda troppo. “E gli euro che avete preso all’inizio?”. “Quali euro? Noi non abbiamo visto nessun euro. Vai pure… Ah, e ricorda che hai firmato!”
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