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Natale

La vigilia celebro alle 21 nella chiesa parrocchiale di Suihari, zeppa. Cantano bene, seguono con attenzione. Finita la Messa, i giovani sparano qualche petardo, e iniziano i kirton, canti tradizionali del Natale, che tanto amano. Dura poco: un vento freddo tagliente fa scappare tutti a casa, a scaldarsi con un goccio (o due, o tre) di vino di palma… Mattina. Il Parroco p. Zanchi m’ha detto che la Messa è verso le 8.30. Alle 7.30 sono nervoso perché non trovo la borsa con calice, vino, ecc.; alle 8, calma calma, arriva la ragazza incaricata e mi prepara tutto per bene. Su un “jippino” traballante, il seminarista Joseph, la giovane suor Dipa, la novizia Lolita e io partiamo verso Pargao, un villaggio santal che non conosco. La strada è discreta, anche quando diventa soltanto sterrata, e per le 8.45 arriviamo. Ci accolgono un arco di trionfo in tronchi di banani e tante bandierine; di gente non se ne vede. La chiesetta, quasi nuova, è bella ma completamente spoglia, salvo decorazioni di carta colorata e impertinenti palloncini con la scritta “Merry Christmas” appesi dappertutto. Qualcuno ci porta tre sedie, e se ne va. Mi dicono che la Messa è alle 9.30, quindi c’è tempo per le confessioni, e sguinzaglio i tre accompagnatori ad avvisare che il prete è a disposizione. Aspetto seduto, con tanto di camice e stola, battendo i denti… I tre, visitate diligentemente tutte le famiglie nelle casette sparse nella pianura, tornano delusi: nessuno s’è fatto avanti. “Niente paura, si vede che qui nessuno fa peccati” – dico per tirarli su. Arriva il catechista, suona il gong e se ne va; entra esitante un anziano che si accovaccia vicino a me, s’inginocchia, prega, e se ne va. Alle 9.40 i tre hanno finito il secondo giro di avvisi, e quando si siedono presso la porta della chiesa, qualche giovane si avvicina per chiacchierare. Sono sempre in attesa, quando entra un tizio con una grossa borsa, estrae l’armonium, lo sistema e se ne va. Subito dopo, seconda serie di colpi di gong. Alle 10 entrano pian piano i primi fedeli, luccicanti nei loro vestiti migliori, e in pochi minuti la chiesetta è piena. Il catechista attacca le usuali preghiere prima della Messa, accompagnate dalla recita dei comandamenti, i precetti della chiesa e altro. Indosso i paramenti, parte il canto d’ingresso e io, pronto ad incominciare, mi siedo all’altare davanti a tutti quando – calmo calmo – si alza un anziano che viene al mio fianco e s’inginocchia per confessarsi. Uno, due, tre, dieci… uno dopo l’altro, prima gli uomini poi le donne, senza fretta, mentre i canti vanno avanti. Ogni volta penso che sia finito, faccio per alzarmi, e se ne alza un altro… Alle 10.40 incomincia la Messa. Comunico a tutti la mia delusione: speravo che in questo villaggio nessuno facesse peccati, invece vedo che anche voi come me… Ridono di gusto. Della mia omelia pare colgano il raccontino: io ai miei nipotini non facevo regali, ma dicevo: “Vengo io stesso, e gioco con te. Non ti basta?”. Il Signore ha fatto così, è venuto di persona a vivere con noi. Sono un poco scandalizzati di me, e dispiaciuti per i miei nipotini, ma fanno cenni di aver capito e condividere. Poi tutti fuori. Due musulmani con tanto di barba hanno fiutato l’affare e stanno pronti con un padellone di olio bollente su un fuoco improvvisato; per 10 taka fanno friggere in pochi secondi tre saporite, sottilissime larghe frittelle di un impasto di legumi. Chiacchierando, si fa la fila per questo inatteso antipasto, e intanto si chiacchiera aspettando che sia pronto il cibo per tutti: risotto con carne! Fa capolino il sole, un po’ timido ma sufficiente a scaldare i commensali intirizziti accoccolati all’aperto con i piatti in mano…

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