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Parrocchia

E’ una mattinata splendida, con cielo terso, tanto verde dei campi di riso e degli alberi, aria fresca. Sulla macchina del vescovo c’è il Nunzio, perciò siamo preceduti da una camionetta della polizia, ma anche la sirena si fa sentire poco, e non sembra aggressiva. Mons. George Kocherri, al suo primo giro fuori Dhaka dopo aver presentato le credenziali pochi giorni fa, è un indiano del Kerala, gioviale, perfettamente a suo agio nell’ambiente. Arriviamo addirittura in anticipo, ma già ci sta aspettando fuori della missione un gruppo di danzatori e danzatrici, che ci precede per un pezzo di strada; poi riceve il cambio da un altro gruppo, poi un altro, fino a quattro: pieni di gioia ci accompagnano fino al palco preparato nel prato davanti alla chiesetta. Oggi – 16 novembre 2013 – nasce la nuova parrocchia di Kudbir, quindicesima della diocesi di Dinajpur. I fedeli sono tutti aborigeni santal, sparsi in 41 villaggi di un’ampia zona, contenti e ordinatissimi, come sempre sobri nell’espressione dei sentimenti. Anche i bimbi non fiatano durante le due ore di celebrazione. Tutto è molto semplice, ha sapore di autenticità. Tanti missionari, e recentemente preti locali, hanno continuato per anni a visitare queste zone, con pazienza, spesso forti disagi, delusioni, fiducia. Fra i tanti, p. Sandro Giacomelli è rimasto qui, sepolto proprio vicino alla cappella. Nella sua continua ricerca di come essere missionario, e come essere uno insieme ai “suoi” santal, era approdato in questo sperduto villaggetto, in una casa di terra. Lo avevano criticato, perché spesso era a sua volta critico; qualcuno lo riteneva interessato solo allo sviluppo sociale dei santal, altri troppo partigiano nello sposare questo popolo trascurando gli altri. Ci stimavamo a vicenda, … e non mancavano contatti che provocavano scintille… Vado a visitarlo, mi accoglie volentieri, minimizzando i disagi della vita che ha scelto. Attento alle persone, prima mi presenta la cuoca, e poi mi offre un piatto di riso con curry molto piccante, e un tipo di carne che non conosco. E’ buono, anche se mi fa lacrimare. Lui, mangia guardandomi di sottecchi, con l’aria tra provocatoria e sorniona. Alla fine non ce la fa più: “Lo sai che cosa hai mangiato?” “Sì – dico – carne di topo”. Indovinato! Uno a zero a mio favore… lo scambio di idee e impressioni si fa ancora più interessante e spontaneo. Poi dovette andarsene per malattia, e quando si riprese scelse di dedicarsi ai santal in un altro modo: rintracciando i loro giovani che sempre più numerosi si stavano disperdendo – e perdendo – in cerca di lavoro nei meandri dell’immensa Dhaka. “Le difficoltà ora sono qui, nei villaggi al confronto si sta benissimo.” Come aveva quasi previsto, fu proprio la città ad ucciderlo, travolto da un camion. P. Michele Brambilla, dopo qualche anno, ne ha raccolto l’eredità. Altro carattere, stile, idee, ma stessa passione per il Vangelo e per la gente, ha accompagnato a consolidarsi le comunità che Sandro aveva avviato, come divenne subito chiaro, con una catechesi e un metodo ottimi. E ha dato loro la voglia di diventare protagoniste del loro cammino cristiano. Seduto sul palchetto, in fila con il Nunzio, e gli altri “pezzi grossi”, non mi stanco di guardare questa gente semplice che, seduta sulle stuoie, prega, canta, ascolta, e si sente parte della grande realtà della Chiesa. Che cosa li ha mossi a diventare cristiani? La loro fede ora sostiene la mia. Il mistero dell’amore di Dio che si fa uomo è affidato a loro, è attraverso di loro che gli altri sapranno qualcosa di Gesù – proprio come a Betlemme “gli altri” vennero chiamati dai pastori ad andare a vedere un bimbetto deposto in una mangiatoia. Penso che p. Sandro sarebbe contento, anche se la presenza del Nunzio e della polizia gli offrirebbero l’occasione per fare qualche battuta pepata. Nel Regno dei Cieli non ci saranno divise nè titoli, entreremo tutti insieme, tenendoci per mano.

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