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Pause

Mesi fa hanno iniziato a costruire una piccola moschea a tre-quattrocento metri di distanza dalla nostra casa a Dinajpur. Come sempre in questi casi, a fianco della strada dove sta sorgendo, hanno piazzato un tavolino, qualche sedia, un registratore con megafono dove persone di buona volontà si alternano nell’invitare i passanti a lasciare un’offerta. Tutto bene. Il problema è che il registratore funziona ininterrottamente dall’alba fino a  sera, e – pur lontani come siamo – ci ritroviamo la casa inondata di canzoncine, filastrocche, racconti, e poi ancora canzoncine, filastrocche e racconti, e poi ancora canzoncine… sempre uguali. Per essere giusti non dovrei dire “ininterrottamente”, perché quando risuona, cinque volte al giorno, il richiamo alla preghiera, l’altoparlante tace per non soverchiare il richiamo e poi per lasciare il tempo di pregare senza disturbo. In queste condizioni, credo che anche un ateo privo di dubbi ammetterebbe che pure la preghiera ha una sua utilità…

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