«La crescita globale è la nostra urgente priorità». Lo afferma il G7 nel comunicato finale del vertice di Ise-Shima in Giappone. Sembrano cadute nel vuoto le parole di un anno fa della Laudato Si’.
«La crescita globale è la nostra urgente priorità». Lo afferma il G7 nel comunicato finale del vertice di Ise-Shima in Giappone. Un G7 che si è aperto e chiuso in sordina, lontanissimo dai tempi in cui questo evento attirava, nel bene e nel male, l’attenzione mondiale. Segno di un’istituzione in decadenza e anacronistica, che dovrebbe essere sostituita una volta per tutti dal G20?
Non siamo analisti e non ci avventuriamo su questo terreno, ma un summit che si conclude con l’affermazione che la priorità del pianeta (o dei Paesi ricchi e potenti del pianeta?) è la crescita economica, questo sì lascia perplessi e appare anacronistico. Soprattutto rispetto all’altro grande tema in agenda durante questo vertice, ovvero la gestione del fenomeno migratorio, definito sì una «sfida» globale, ma più con l’obiettivo di «scaricare il peso» di qualcosa che non si riesce ad arginare.
È necessario usare ogni strumento «fiscale, monetario e strutturale» per «sostenere la domanda globale» continuando gli sforzi per «mettere il debito su livelli sostenibili», si legge nel comunicato dei grandi della terra.
Sembra caduto nel vuoto il messaggio lanciato esattamente un anno fa dalla Laudato Si’ di Papa Francesco: «i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo».
Di cambiare il modello economico che ha portato alla crisi però non se ne parla. I leader del G7 appaiono piuttosto “affezionati” all’idea di «una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia» per usare ancora le parole della Laudato Si’. Ma «ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta».
Il mercato da solo, aveva avvertito Papa Francesco, non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale. «In alcuni circoli si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali, allo stesso modo in cui si afferma, con un linguaggio non accademico, che i problemi della fame e della miseria nel mondo si risolveranno semplicemente con la crescita del mercato». E ancora: «Coloro che non lo affermano con le parole lo sostengono con i fatti, quando non sembrano preoccuparsi per un giusto livello della produzione, una migliore distribuzione della ricchezza, una cura responsabile dell’ambiente o i diritti delle generazioni future. Con il loro comportamento affermano che l’obiettivo della massimizzazione dei profitti è sufficiente».
Il “giusto” livello di produzione prevede di rallentare a un certo punto la crescita, rinunciando a una concezione magica del mercato. La politica però sembra però lontana anni luce da questa prospettiva.
«Il dramma di una politica focalizzata sui risultati immediati, sostenuta anche da popolazioni consumiste, rende necessario produrre crescita a breve termine. Rispondendo a interessi elettorali, i governi non si azzardano facilmente a irritare la popolazione con misure che possano intaccare il livello di consumo o mettere a rischio investimenti esteri. La miope costruzione del potere frena l’inserimento dell’agenda ambientale lungimirante all’interno dell’agenda pubblica dei governi. Si dimentica così che “il tempo è superiore allo spazio”, che siamo sempre più fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi, piuttosto che di dominare spazi di potere. La grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine».