In occasione della giornata mondiale per la lotta all’Aids, Papa Francesco ha ricordato che solo metà delle persone malate hanno accesso alle terapie salvavita.
«Milioni di persone convivono con questa malattia e solo la metà di essi ha accesso a terapie salvavita. Invito a pregare per loro e per i loro cari e a promuovere la solidarietà perchè anche i più poveri possano beneficiare di diagnosi e cure adeguate. Faccio appello infine affinchè tutti adottino comportamenti responsabili per prevenire un’ulteriore diffusione di questa malattia». In occasione della giornata mondiale per la lotta all’Aids, che ricorre oggi, Papa Francesco ha lanciato questo appello per l’accesso alle terapie salvavita, ricordando che a beneficiarne è solo un ammalato di Aids su due.
A fine giugno circa 18,2 milioni di persone nel mondo avevano accesso ai farmaci salvavita contro il virus Hiv responsabile dell’ Aids, tra cui 910.000 bambini, pari al doppio rispetto a cinque anni prima, come afferma l’ultimo rapporto dell’Unaids, il programma congiunto delle Nazioni Unite sull’Aids: Nel mondo però vivono con il virus Hiv 36,7 milioni di persone, fra cui ci sono le persone colpite dal virus che non sanno di esserlo, come evidenziato in questi giorni dall’Organizzazione mondiale della sanità: almeno 13 milioni, una cifra enorme.
L’accesso alle cure, però, non è solo un problema di numeri e nemmeno di disponibilità di farmaci. A incidere sono le decisioni dei governi e i pregiudizi nei confronti delle persone colpite dalla malattia. Il mese scorso il ministro della Salute della Tanzania ha annunciato che il paese vieterà i programmi contro l’HIV/AIDS rivolti agli omosessuali e che saranno sospesi, fino a ulteriore comunicazione, i programmi finanziati dagli Stati Uniti che forniscono esami, preservativi e assistenza medica alle persone gay. Le conseguenze potrebbero essere gravissime. Il piano di lotta all’Aids per l’Africa (PEPFAR, President’s Emergency Plan For AIDS Relief) fu avviato dal presidente George W. Bush nel 2013 e in questi anni, grazie a 61 miliardi di euro di finanziamenti, ha salvato la vita a milioni di persone. Il governo africano accusa questi programmi di “incoraggiare l’omosessualità”, che in Tanzania è reato punibile con pene fino a trent’anni di carcere.
Una buona notizia arriva dal Sudafrica, dove in questi giorni è iniziato il test sulla popolazione di un nuovo vaccino contro il virus Hiv, il primo di nuovo sviluppo in sette anni. Lo ha annunciato il National Institute of Health statunitense, che finanzia il progetto. Il vaccino che sarà testato è una versione rinforzata dell’unico che ha fin qui dato segno di offrire qualche protezione in un trail in Thailandia nel 2009. In questa fase saranno arruolati 5400 uomini e donne tra 18 e 35 anni in tutto il paese, dove ogni giorno ci sono oltre mille infezioni. La versione precedente ha mostrato un’efficacia del 31,2% nella protezione, che gli esperti sperano di aumentare con un cambiamento in alcune componenti e nel calendario di somministrazione, con i primi risultati che dovrebbero arrivare nel 2020. «Se impiegato insieme alle armi che abbiamo attualmente contro il virus un vaccino efficace potrebbe essere il chiodo finale nella bara dell’Hiv – afferma Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases -. Anche un vaccino moderatamente efficace potrebbe diminuire significativamente il peso della malattia in paesi e popolazioni ad alto tasso di infezione».