Alla Conferenza sul Clima di Parigi l’India ha rivendicato il diritto di continuare a bruciare carbone per non fermare la propria crescita economica. Ma 13 delle 20 città del mondo più inquinate sono indiane
In apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Parigi, il presidente cinese Xi Jinping e il premier indiano Narendra Modi, capofila della richiesta che siano i paesi sviluppati a prendersi carico dei costi della bonifica dell’aria del pianeta e dello sviluppo di energie pulite, che garantiscano comunque uno sviluppo sostenuto alle nazioni in corsa verso il benessere, hanno avuto più di una difficoltà a spiegare perché in quelle ore le rispettive capitali ospitassero un inquinamento atmosferico fuori scala. Il “caso” cinese è noto, meno quello indiano.
Recentemente, il governo di New Delhi ha lanciato un nuovo indice della qualità dell’aria in dieci metropoli del paese per rendere pubblica la situazione dell’inquinamento e le sue ricadute sulla popolazione urbana. Il ministro dell’Ambiente Prakash Javadekar a cui si deve l’iniziativa ha segnalato come le discariche di residui dell’edilizia siano tra i responsabili, insieme agli scarichi industriali, al riscaldamento invernale e ai gas emessi dal traffico congestionato, della pessima qualità dell’aria nelle città indiane, causa – si calcola – di almeno 3.000 morti ogni anno nella sola capitale.
Il 30 novembre e il 1° dicembre, la centralina di controllo dell’ambasciata statunitense a New Delhi ha registrato un indice della qualità dell’aria di 372, considerato “pericoloso” per la salute. Un pericolo di cui i cittadini non sono stati avvertiti, al punto che domenica 29 i 30.000 partecipanti alla mezza maratona della città, un evento prestigioso, hanno respirato una quantità di polveri sottili e altri elementi nocivi.
Valori elevati, ma alla fine modesti se comparati con il picco, fino a 23 volte i valori di norma registrato l’11 novembre, durante le celebrazioni del Divali (la Festa delle luci) tra e più sentite celebrazioni del calendario nazionale. Nella notte, i valori di polveri sottili di 10 micron di spessore (Pm 10) avevano raggiunto i 2.308 microgrammi per metro cubo contro lo standard di 100, mentre il Pm 2,5, maggiormente dannoso per la salute umana, ha toccato i 619 microgrammi per metro cubo contro i 60 considerati tollerabili. Si tratta di valori relativi alle aree a maggiore concentrazione di traffico, in rapporto con le condizioni atmosferiche particolari e l’uso diffuso dei fuochi d’artificio, tuttavia hanno segnalato che le condizioni sono gravi e per diversi elementi in peggioramento.
Una conferma chiara e recente, è arrivata dal rapporto diffuso dall’Organizzazione mondiale della Sanità lo scorso aprile, che ha mostrato come proprio l’area metropolitana di Delhi, affollata di almeno 16 milioni di abitanti, sia la più inquinata dalle polveri tra le 1600 prese in esame in 91 paesi. Inoltre, che 13 città indiane si trovano tra le prime 20 più inquinate del pianeta.
L’Oms ha segnalato che la concentrazione media annua di particolato inferiore a 2,5 micrometri di diametro (Pm 2.5), più pericolosa in quanto può infiltrare i polmoni, è di 153. Una quantità quasi tre volte mediamente più elevata di quella di Pechino e 10 volte quella di Londra.
Come consolazione, la valutazione più positiva riguardo ad altri parametri, come le polveri di dimensioni più elevate, Pm 10, dove viene superata da molte altre località. Lo scorso anno uno studio della Banca mondiale aveva posto l’India al 126° posto negativo su 132 paesi presi in esame quanto a politiche ambientali e condizioni atmosferiche.
“Questi risultati confermano le nostre peggiori paure sui rischi dell’inquinamento dell’aria”, aveva commentato a aprile Sunita Narain, direttore generale del Centro per la scienza e per l’ambiente di New Delhi. Sottolineando come nel 2014 la qualità dell’aria in India sia stata il quinto maggiore fattore di decesso tra la popolazione, la Narain aveva anche ricordato che “dal 2010 nel paese sono state registrate 620.000 morti all’anno collegabili a patologie derivanti dall’inquinamento atmosferico”.