È partita anche in Italia #DivestItaly, una campagna che invita tutte le istituzioni e anche gli enti religiosi al disinvestimento da titoli azionari e obbligazionari di imprese che estraggono e commercializzano carbone, petrolio e gas, ritenuti tra i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici in corso.
Nel 2012 centinaia di studenti statunitensi chiesero alle proprie università di disinvestire la liquidità (generata da rette, contributi e sponsorizzazioni) da società che estraggono e vendono combustibili fossili. Dalla loro iniziativa è nata la campagna FossilFree, che oggi raccoglie più di 400 investitori istituzionali e 2.000 individui in tutto il mondo, che i sono impegnati ad azzerare o ridurre i propri investimenti nei combustibili fossili per un totale di oltre 2.600 miliardi di dollari. In queste ultime settimane, che precedono il Summit sul cilma di Parigi (7-8 dicembre), la campagna è arrivata anche in Italia. Si chiama #DivestItaly e vede tra gli aderenti 20 soggetti della società civile fra cui Legambiente e Fondazione Culturale Responsabilità Etica. La campagna #DivestItaly invita tutte le istituzioni ad allineare gli investimenti con i loro principi morali e inviare un chiaro messaggio: le azioni dell’industria fossile sono incompatibili con un pianeta vivibile, quindi assumiamo una netta posizione contraria e non le finanziamo.
“Vendere i titoli di imprese che hanno un alto impatto sul surriscaldamento della terra fa bene anche ai rendimenti” si legge sul sito di Banca Etica Non con i miei soldi. In ottobre il Financial Times ha pubblicato un rapporto dell’ONG britannica Platform London secondo il quale negli ultimi 18 mesi i fondi pensione inglesi avrebbero perso quasi un miliardo di per avere puntato su titoli di imprese che estraggono carbone. I titoli sono crollati perché il carbone, vista l’abbondanza di gas a basso prezzo (e a molto più basso impatto sull’ambiente), non lo compra più nessuno. Il Greater Manchester Pension Fund (fondo pensione dei dipendenti pubblici della città metropolitana di Manchester) ha perso da solo 224 milioni di dollari.
Se poi si guarda ai grandi produttori di petrolio le prospettive non sono certo migliori: in base ai dati dell’indice Dow Jones Exploration & Production, le compagnie che estraggono petrolio hanno perso mediamente il 32,77% in borsa dal giugno del 2014, quando è crollato il prezzo del greggio (dato calcolato dal 23 giugno 2014, quando l’indice ha raggiunto il picco dell’anno, al 5 novembre 2015).
Disinvestire in queste società quindi farebbe bene al clima ma anche al portafoglio. E in più manderebbe un chiaro messaggio sulla non sostenibilità in particolare di gas e carbone e sulla necessità di sviluppare fonti energetiche alternative.
Dopo il messaggio di Papa Francesco con l’Enciclica Laudato Sì, è forte e crescente l’impegno delle istituzioni cattoliche rispetto alle conseguenze etiche dell’utilizzo dei combustibili fossili. Perciò una parte della campagna DivestItaly sarà dedicata a incentivare istituzioni religiose a impegni di disinvestimento. I primi ad aver aderito alla campagna italiana sono stati i missionari comboniani. Su questo fronte, è già attiva a livello internazionale anche la campagna Divest the Vatican di 350.org.