Presentato oggi a Roma il VI Rapporto Focsiv 2023: “I padroni della terra” sul land grabbing nel mondo. Un fenomeno in costante crescita che riguarda spesso i Paesi più vulnerabili: 114 milioni gli ettari sottratti alle comunità locali negli ultimi due decenni
Si è tenuta oggi a Palazzo Theodoli Bianchelli, su iniziativa del deputato Bruno Tabacci, la presentazione del VI Rapporto di Focsiv (Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana) intitolato “I padroni della terra”, un documento che ogni anno analizza l’impatto del fenomeno del land grabbing in termini di diritti umani, ambiente e migrazioni.
Il database Land Matrix – che aggiorna e pubblica in maniera aperta e gratuita i dati sull’accaparramento delle terre – mostra che negli ultimi due decenni oltre 114 milioni di ettari sono stati sottratti a comunità locali per favorire l’arricchimento di aziende e multinazionali straniere. Solo lo scorso anno questo dato è aumentato di 26,1 milioni di ettari, a sottolineare che si tratta di un fenomeno in costante crescita, in particolare in Africa, Russia e America Latina.
Come ha notato Andrea Stocchiero, policy officer di Focsiv, il rapporto evidenzia che l’incremento del land grabbing è dovuto a due tendenze contemporanee. La prima riguarda l’insicurezza a livello internazionale, in particolare in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, che ha fatto salire i prezzi dei beni alimentari generando a sua volta una maggiore competizione per il controllo delle terre. La seconda, invece, riguarda il cosiddetto «nuovo land grabbing derivante da nuove necessità in territori dove prima non si verificava», ha commentato Stocchiero, riferendosi all’approvvigionamento dei metalli critici e delle terre rare, un gruppo di elementi chimici fondamentali per la realizzaione di tecnologie che dovrebbero favorire uno sviluppo “green” e “sostenibile”. Tuttavia, come sottolineato più volte dalla presidente di Focsiv, Ivana Borsotto, non è possibile parlare di sviluppo sostenibile senza tenere conto del rispetto dei diritti umani e del dialogo che deve essere portato avanti anche con le imprese: come dimostrato anche dagli eventi degli ultimi giorni «viviamo in un mondo che è in bilico sopra la follia – ha detto – e chi tenta di perseguire l’uguaglianza, la giustizia e la pace ha il dovere di analizzare quello che sta accadendo nel mondo capendone la complessità». Un appello molto simile a quello lanciato anche da Papa Francesco con la “Laudato si’” e con la recentissima esortazione apostolica “Laudate Deum”.
Da qui la necessità di redigere un documento diviso in due parti: la prima è dedicata a diversi casi-studio sul land grabbing nel mondo, in particolare in America Latina e in Myanmar. Il capitolo dedicato a questo Paese del Sud-est asiatico, tormentato dal conflitto civile, è stato realizzato dall’ong New Humanity International legata al Pime, che nel Paese sostiene gli agricoltori che si battono per la difesa dei loro territori.
Durante la presentazione del rapporto, invece, Florinda Mancino di Iscos (Istituto sindacale per la cooperazione allo sviluppo, ong promossa dalla CISL), ha raccontato le attività dell’organizzazione in Perù, dove entro il 2031 sono previsti investimenti stranieri per oltre 50 miliardi di dollari nel settore dell’estrazione mineraria. Un settore così importante per l’economia nazionale che è stato l’unico a poter continuare le proprie attività anche durante la pandemia di Covid-19, ledendo il diritto alla salute delle comunità indigene delle Ande, che subiscono anche gli effetti dell’inquinamento dell’acqua e dell’aria provocato dell’utilizzo di cianuro e mercurio. Non solo: la ricchezza derivante dall’estrazione di minerali non è condivisa con le comunità locali, che, secondo dati del 2017, in alcune zone presentano indici di sviluppo umano pari a quelli del Burkina Faso, del Burundi o del Sud Sudan.
La seconda parte del rapporto si occupa, invece, delle iniziative volte a orientare i legislatori verso modelli virtuosi. In questa sezione sono contenuti ulteriori dati e buone pratiche attive a livello comunitario, che potrebbero essere riprodotte anche su scala più ampia. Spiegando la differenza tra “sovranità” e “sovranismo” alimentare (il primo termine riferito alla capacità di non dipendere da altri per la propria produzione di cibo, mentre il secondo indica il divieto di esportare i propri prodotti anche dove ce ne sarebbe bisogno), il professore Andrea Segré, docente di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna, ha evidenziato il legame tra land grabbing e insicurezza alimentare, portando l’esempio di come, a livello locale, esistano comunità che donano il cibo in eccesso «facendo in modo che non entri nel mercato mantenendo il proprio valore d’uso». Un’esperienza non così dissimile «dalla donazione della manna nella Bibbia» e che crea un’importante «relazione tra chi dona e chi riceve».