Monaci e credenti buddisti, suore e fedeli cattolici si sono riuniti sabato a Milano con l’arcivescovo Delpini offrendo le rispettive preghiere, mentre la repressione dei militari si fa sempre più dura. Padre Criveller: ” cristiani e i buddhisti sono in strada non con le armi, ma con la corona del rosario, il pa-deé buddhista e cartelli che invocano alla pace”
A due mesi dal Golpe dei militari sono già quasi 600 i morti causati dalla repressione e 3000 gli arresti. I social network sempre più centrali nella protesta, ma anche il regime ha la sua macchina di propaganda. Come non lasciar cadere il grido di libertà che giunge da questo Paese? Ne parliamo domani sera in streaming con Cecilia Brighi, segretario generale dell’Associazione Italia-Birmania, e Tin Ni Ni Htet, testimone birmana che vive in Italia
A due giorni dal golpe – mentre nella notte di Yangon la protesta prova a farsi sentire e i militari confermano il carcere per Aung San Suu Kyi – il Consiglio ecumenico delle Chiese e la Conferenza dei cristiani dell’Asia inviano un messaggio alle Chiese locali: «I diritti umani e le libertà di tutti i cittadini del Myanmar siano pienamente rispettate e protette»
Il parlamento del Myanmar ha approvato il primo passo verso la formazione di un comitato incaricato di emendare la Costituzione, scritta su misura dall’esercito. Obiettivo: le elezioni del 2020 ormai in vista
Si moltiplicano le notizie di preti e suore espulsi e di giovani arruolati forzatamente nella campagna delle milizie locali (sostenute dalla Cina) per allentare la pressione militare governativa. E con l’allontanarsi della pace tra le minoranze anche lo sviluppo resta al palo
Dietro alle migliaia di profughi musulmani una situazione molto più complessa di quanto appare. E tutti i limiti degli equilibri tra il governo civile di Aung San Suu Kyi e il potere dei militari
Tra le critiche dei premi Nobel e le accuse di debolezza avanzate dall’opposizione, in Myanmar si fa sempre più difficile la situazione della minoranza musulmana dello Stato occidentale di Rakhine. E si teme che questo dramma irrisolto possa alimentare la radicalizzazione islamista
Una serie di attacchi sulla frontiera con il Bangladesh ha scatenato come reazione un’altra ondata di violenze verso quella che l’Onu definisce «l’etnia oggi più perseguitata a mondo». Una vicenda che riapre anche il nodo dei rapporti tra i miliari e Aung San Suu Kyi in Myanmar