La missionaria dell’Immacolata originaria di Hong Kong opera al servizio dei giovani lavoratori ospiti del centro Pime alla periferia di Dhaka e collabora con l’ospedale fondato nel 1938 da un filantropo indù, che volle al suo fianco infermiere cristiane
La pandemia ha impedito in questi mesi a due seminaristi del Pime del Bangladesh di aggregarsi al seminario di Monza. Ma a Dhaka hanno vissuto comunque l’anno di spiritualità e compiuto il primo passo solenne, manifestando pubblicamente la propria volontà di diventare missionari a vita. Padre Franco Cagnasso racconta le storie di questi due giovani
In queste ore in cui in Italia si parla tanto della chiusura dei voli dal Bangladesh la testimonianza di padre Gian Paolo Gualzetti, che nella periferia industriale di Dhaka sta accanto ai giovani lavoratori: «La pressione economica e la fame qui sono più forti di ogni lockdown. Cerchiamo di aiutare chi è più in difficoltà. La medicina qui? Quella migliore è ancora la preghiera insieme al paracetamolo tre volte al giorno…»
Il racconto del direttore di Mondo e Missione dal Bangladesh, dove ha trascorso la Pasqua con i cristiani locali: «Mai come qui ho percepito la realtà di una comunità cristiana che coniuga così efficacemente il culto, la liturgia e le attività pastorali all’azione sociale e alla carità quotidiana e silenziosa»
Le indagini sulla strage del 1° luglio a Dhaka stanno svelando legami diretti con lo Stato islamico. E si teme che i «combattenti» che rientrano da Siria e Iraq trovino un nuovo terreno di coltura tra i profughi rohingya, che continuano a giungere dal Myanmar
Spenti i riflettori sulla strage di Dhaka come va avanti la vita in Bangladesh? Lo racconta in questa lettera padre Quirico Martinelli, missionario del Pime a Mirpur
Che cosa c’è al fondo dell’animo umano che poi si scatena in modo così crudele sotto la coloritura, il rivestimento o persino l’imbroglio della religione, della protesta, dell’ideologia, della politica, della teoria della sicurezza nazionale o del semplice interesse economico?
Alla cena della strage di Dhaka, insieme agli italiani, c’era anche Ishrat Akhond, 45 anni, che aveva condotto una campagna con l’Unicef contro il lavoro minorile. Uccisa anche lei per essersi rifiutata di recitare il Corano davanti agli aguzzini