Lo Stato più popoloso dell’India si è aggiunto alla lista degli Stati indiani in cui è in vigore il provvedimento ritenuto dai fondamentalisti indù una bandiera per la difesa della propria identità contro cristiani e musulmani. Il vescovo di Lucknow: «A farne le spese saranno come sempre i gruppi minoritari»
La denuncia dell’autrice del best-seller «Il dio delle piccole cose» contro la legge anti-conversione dell’Uttar Pradesh: «Se Madre Teresa oggi fosse viva a causa dei provvedimenti voluti dagli estremisti indù si troverebbe in carcere»
Al gesuita ottantatreenne malato di Parkinson in carcere da cinquanta giorni a Mumbai per il suo impegno in favore dei tribali il tribunale – a venti giorni dalla richiesta – ha rinviato ancora l’esame della richiesta di una cannuccia e del suo bicchiere salvagoccia che lo aiuta a bere. Ma lui dalla prigione dice: «Vedo Dio nei miei compagni di cella»
L’ultima vittima della furia dei nazionalisti indù è un altro indù noto per il suo impegno in favore delle minoranze e del dialogo interreligioso. Nonostante il suo abito zafferano lo swami Agnivesh è stato aggredito da giovani legati al Bjp di Narendra Modi in quello stesso Stato del Jharkhand dove uno scandalo su un caso di traffico di adozioni è diventato un processo mediatico alle suore di Madre Teresa
Il primo luglio del 2016, 22 vittime civili, tra cui nove italiani ed alcuni poliziotti intervenuti sul posto, furono trucidati da un gruppo di studenti islamisti presso il ristorante Holey Artisan Bakery. «Da allora si sono moltiplicati gli incontri interreligiosi e c’è più attenzione nei confronti dei giovani», dice l’arcivescovo cattolico Patrick D’Rozario.
La denuncia di Open Doors: «Nel 2016 già registrati 365 casi di aggressioni gravi contro individui o istituzioni cristiane che hanno coinvolto oltre 8.000 battezzati. Nel 2014 erano stati 120»