Una donna che si è vista massacrare la famiglia, un bambino sopravvissuto per miracolo, un volontario che non ha mai smesso di tornare nel Paese. A trent’anni dal genocidio dei tutsi, restano le ferite, ma anche tante esperienze di bene. Ascolta anche il PODCAST
È il Paese più giovane dell’Africa, nato nel 2011. Ma le grandi speranze del Sud Sudan si sono scontrate la guerra civile, le ripetute crisi umanitarie e, oggi, l’arrivo di centinaia di migliaia di profughi in fuga dal vicino Sudan. In prima linea, in mezzo a tante emergenze, c’è il missionario Christian Carlassare, vescovo di Rumbek, che da quasi vent’anni condivide il travagliato cammino di questa terra. Compresa la violenza: nel 2021 un attentato lo ferì gravemente alle gambe. Ma non si è lasciato scoraggiare: qui ci racconta la sua opera e quella della Chiesa sudsudanese per assistere la gente, promuovere l’istruzione dei giovani – in particolare le ragazze – e portare avanti un cammino di riconciliazione, unica via per un futuro di pace
Un pellegrinaggio ecumenico di pace è quello che vede protagonisti Papa Francesco insieme all’Arcivescovo di Canterbury e al Moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia. Che oggi a Juba hanno chiesto alle autorità un impegno concreto per la riconciliazione
«Non si può annunciare Dio in un modo contrario a Dio». È un messaggio forte quello che Papa Francesco ha rivolto, nella notte italiana, alle popolazioni indigene e alla comunità cattolica del Canada. Un messaggio forte ed estremamente chiaro, senza infingimenti, in cui il Pontefice fa «memoria del male subito dalle popolazioni indigene da parte di tanti cristiani, chiedendone perdono con dolore».
Verità e perdono come vie per la riconciliazione: il caso esemplare del Sudafrica, che ha fatto la scelta della giustizia riparativa per provare a superare l’apartheid e costruire un Paese nuovo, libero e multirazziale