Grazie alla sua testimonianza, per la prima volta lo stupro è stato riconosciuto come crimine di guerra e atto di genocidio. Oggi la ruandese Godelieve Mukasarasi continua ad aiutare le donne che hanno subito violenza, ma anche i figli che sono nati da quegli abusi
Una donna che si è vista massacrare la famiglia, un bambino sopravvissuto per miracolo, un volontario che non ha mai smesso di tornare nel Paese. A trent’anni dal genocidio dei tutsi, restano le ferite, ma anche tante esperienze di bene. Ascolta anche il PODCAST
Argentina, Ruanda, Belgio e Francia: sono i Paesi che ospitano i nuovi siti Unesco. Li raccontiamo in questo mese di gennaio in cui si ricorda l’Olocausto degli ebrei
Sister Deborah, il nuovo romanzo di Scholastique Mukasonga, attinge alla cultura del suo Paese e al sincretismo nato dall’incontro fra il cristianesimo con le credenze tradizionali
Cyprien e Daphrose Rugamba vennero uccisi nel 1994 insieme a sei dei loro 10 figli durante il genocidio dei tutsi. La scorsa settimana a Kigali si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione. Il racconto di chi li ha conosciuti: “Predicavano la pace e distribuivano affetto ai più bisognosi”
La testimonianza di padre Mario Falconi, missionario bergamasco col cuore a Muhura, dove ha vissuto l’esperienza terribile degli anni Novanta: “Il messaggio del Vangelo è l’unica strada per guarire davvero le ferite”
La morte di Kizito Mihigo – l’ex organista tutsi sopravvissuto al massacro e divenuto un popolarissimo cantante di musica cristiana – mostra quanto restino aperte le ferite del genocidio del 1994. Nel 2014 Mihigo aveva pubblicato una canzone che invitava a ricordare anche i morti degli hutu ed era finito in carcere con l’accusa di incitare all’odio contro il governo di Kagame
Gli abitanti di Kigali la conoscono come “1930”, anno in cui è stata costruita dai belgi. Ma la prigione di Nyarugenge avrà presto nuova vita come una cattedrale che si annuncia la più grande del Ruanda