Murad, Fekri, Sabeer. Tre storie, lo stesso destino: la fuga dalla propria casa per la guerra, la lotta per sopravvivere in un Paese dove mangiare e bere è diventato un lusso.
Si moltiplicano le strutture ospedaliere colpite dai diversi schieramenti nelle aree di guerra. Il 15 marzo Medici senza frontiere promuove un evento a Roma in cui ne discuterà con un generale dell’esercito italiano.
A un anno dall’uccisione di quattro Missionarie della Carità e dal rapimento di un salesiano, lo Yemen continua a sprofondare in una guerra di cui nessuno parla. Viaggio in un Paese dimenticato
Archiviare in fretta gli orrori è un ingrediente essenziale della globalizzazione dell’indifferenza. Quella che permette di lasciare uccidere migliaia di persone con armi made in Italy (e non solo)
Ci sarebbe un accordo per un cessate il fuoco tra le milizie houthi e la coalizione saudita, con la mediazione dell’inviato dell’Onu. Lo stop alle armi sarebbe la premessa per la riapertura dei colloqui di pace, come in Siria
Diffusa la trascrizione della testimonianza di sister Sally raccolta dalle consorelle sull’agguato alle Missionarie della Carità nello Yemen. Il commando sapeva che erano in cinque e la stava cercando, ma la porta della cella frigorifera l’ha nascosta. Erano cristiani i cinque etiopi uccisi. Il Papa da tempo si informava sulla loro situazione
Dopo l’emozione per le suore di Madre Teresa ieri in un bombardamento su un mercato affollato sono morte 107 persone. Superare davvero la globalizzazione dell’indifferenza vuol dire capire che è la stessa storia. E alzare la voce anche per «quelli che non sono dei nostri»