Il cardinale Dieudonné Nzapalainga di Bangui, dopo la visita di Papa Francesco, racconta se stesso e il suo travagliato Paese, la Repubblica Centrafricana. Mercoledì 8 marzo sarà al Pime di Milano
«Durante la crisi, un gruppo armato è venuto in arcivescovado. Ho chiesto a tutto il personale di andarsene per evitare un bagno di sangue. Potevano uccidermi, ma evidentemente la mia ora non era ancora arrivata. In quei momenti, ho vissuto in un certo senso la passione di Cristo che si è presentato davanti i suoi carnefici e ha chiesto di lasciar andare i suoi». In questa inizio di Quaresima, il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo Bangui – la capitale della Repubblica Centrafricana dove Papa Francesco si è recato per aprire la Porta Santa del Giubileo della Misericordia – ricorda uno dei momenti più drammatici da lui vissuti durante la lunga crisi che, da fine 2012, ha interessato il suo Paese. Crisi tuttora non completamente risolta, come testimoniano le molte notizie drammatiche di attacchi, uccisioni, incendi e saccheggi di cui sono rimaste vittime anche alcune missioni cattoliche.
Il cardinale Nzapalainga che è ospite al Centro Pime per inaugurare il ciclo di incontri di Quaresima 2017, mercoledì 8 marzo 2017, alle ore 21, è certamente uno dei più infaticabili protagonisti del difficile percorso di sviluppo e riconciliazione che sta attraversando il suo Paese.
«Noi vescovi – aggiunge – abbiamo sempre cercato di svolgere un ruolo di “sentinelle” e di interpellare le autorità sulle derive della società centrafricana. Di più, attraverso la Piattaforma interreligiosa, cerchiamo di mostrare che si può vivere insieme nonostante le differenze. Per questo, insieme al presidente del Consiglio islamico e a quello dell’Alleanza evangelica, lavoriamo per la coesione e la comprensione reciproca».
La Piattaforma interreligiosa, nata all’inizio dell’ultima crisi del dicembre 2012, rappresenta oggi una della istituzioni più autorevoli del Paese e un esempio di risposta umanitaria, ma anche morale e di fede, a una situazione che ferisce la gente nel corpo e nell’anima.
Il cardinale Nzapalainga è lui stesso missionario, membro dell’Istituto del Santo Spirito (Spiritani), il neo cardinale continua a dare una straordinaria testimonianza personale e di Chiesa al fianco della popolazione martoriata, con gesti concreti di vicinanza e solidarietà. Ma sta anche dimostrando nei fatti la possibilità di un dialogo e di un impegno in comunione con le altre confessioni cristiane e con i fratelli musulmani. «La nostra forza – dice – è la parola di Dio. Preti, pastori, imam chiediamo di essere fedeli al Vangelo e al Corano. Noi cattolici, in particolare, siamo chiamati a vivere questo tempo di Quaresima come un tempo di condivisione e di vera conversione».