Cosmas SHI ENXIANG

Il vescovo di Yixian, in Cina, è morto in prigione a 94 anni. Dal 1954 aveva trascorso in tutto oltre 50 anni tra carcere e campi di lavoro forzato per essersi rifiutato di venire a compromessi con il potere

Stiamo aspettando che il suo corpo o le sue ceneri siano restituite a Shizhuang, il villaggio della nostra famiglia. I miei genitori e gli altri parenti stanno attraversando momenti di estrema tristezza. Per lunghi anni abbiamo cercato di scoprire dove era detenuto monsignor Shi. Oggi, in risposta a questa richiesta, ci viene detto che lui è morto!». È Shi Chunyan, 42 anni, nipote di monsignor Cosmas Shi Enxiang, a parlare e a lasciar trapelare profondo e dignitoso affetto per quell’uomo mite e dolce. In lui, tuttavia, s’avvertiva che l’affetto più grande era riservato alla Persona per la quale consumava giorno dopo giorno la propria umile e silenziosa esistenza.

Nato nel 1921 a Shizhuang, nella provincia di Hebei, in una famiglia profondamente cattolica, Enxiang segue il proprio desiderio e a 26 anni – il 14 agosto 1947 – viene ordinato sacerdote per la prefettura apostolica di Yixian. La Cina è ancora sconvolta da violenze infinite, dalla miseria e dal dissesto che accompagna inesorabilmente il dissolversi delle istituzioni pubbliche. Il graduale avanzare sul piano politico e sociale del presidente Mao Zedong non migliora le cose, soprattutto a motivo della necessità di imporre un ferreo controllo sull’intero assetto nazionale. L’operazione causò milioni di morti.

Nel caos di quegli anni, il giovane padre Shi ricevette il suo “battesimo di fuoco” spendendosi senza riserve nella vita apostolica.

L’urgenza di totale controllo venne imposta anche alla Chiesa, come del resto avvenne per tutti gli aspetti della vita pubblica e personale. Erano andati delineandosi gli strumenti che avrebbero compiuto il “lavoro sporco”: occorreva creare una istituzione dedicata a questo scopo, che arruolasse al proprio servizio dubbie persone. Quella che qualche anno più tardi sarà chiamata “Associazione patriottica dei cattolici cinesi” venne adibita a questo compito. Col tempo e pretestuose ragioni avrebbe otteneuto due importanti successi: l’addomesticamento di tutte le pretese ecclesiali e la scelta dei vescovi. Da soli, questi due obiettivi potevano assicurare l’imbavagliamento e la distruzione della Chiesa dall’interno e la cancellazione dell’autorità del Vescovo di Roma.

Il Partito comunista non aveva fatto conti accurati. Scoperti gli obiettivi politici, tantissimi fedeli, religiosi e vescovi non ci stettero a “svendere” la Chiesa quasi fosse uno degli immobili di cui disporre. Anche a costo della vita. Uno di coloro che rifiutarono ogni non chiara collaborazione fu padre Shi Enxiang.

Nel 1954, Padre Cosmas subì il primo arresto, senza però che il regime ottenesse il suo adeguamento alle “nuove esigenze”. A partire dai primi anni Cinquanta Shi fa parte di quel vasto gruppo di persone che devono essere oggetto di particolare attenzione. Per esse inizia un vero e proprio calvario, camuffato dal “potere” con terminologie altisonanti e ingannevoli. Nel 1957, troviamo Shi ai lavori forzati nella gelida provincia di Heilongjiang; successivamente lavorerà nelle miniere di carbone. Nel 1980 viene rilasciato (ma per poco) e può tornare nella sua nativa provincia di Hebei. Padre Shi, approfittando del clima più disteso di quegli anni, s’immerge nel ministero, amministra i sacramenti e incoraggia i fedeli. Ma al Partito questo non è gradito; viene arrestato e detenuto per poco tempo.

Il 24 giugno 1982, il vescovo Zhou Fangji lo consacra segretamente. Da quel momento, Shi accetta una dedizione radicale al servizio del Vangelo. Lo fa non per dovere ma per esigenza di fede. Non può dare a Cristo soltanto parte di sé. Sente che invece è ora chiamato a dare tutto a Dio. Non in forza di una investitura umana, ma in obbedienza a Colui che l’ha chiamato e accolto. Lui svolgerà il ministero episcopale in modo clandestino. Cinque anni dopo, nel 1987, verrà di nuovo arrestato e posto a domicilio coatto per due anni.

Il 1989 sembrò portare grandi speranze, nella società civile e sul piano religioso. In entrambi gli ambiti le conclusioni furono drammatiche: il massacro di Piazza Tienanmen in giugno e l’arresto di tutti i leader cattolici connessi con la fondazione della Conferenza episcopale clandestina, avvenuta il 21 novembre di quello stesso anno. Nel giro di poche settimane cinque vescovi e 14 preti spariscono dentro il sistema carcerario cinese. Una campagna lanciata all’estero per ottenere la liberazione degli arrestati, nel novembre 1993, ottiene i risultati sperati. Il 13 aprile 2001, l’anziano vescovo viene arrestato per l’ultima volta, a Pechino. Viene preso e caricato su un’auto. Di monsignor Shi Enxiang si perdono le tracce.

Le richieste di informazione presentate anche dai familiari non incontrano nessuna risposta. Passeranno ben 14 anni prima di avere sue notizie. Relative, purtroppo, al suo decesso, le cui circostanze rimangono un mistero per tutti. Ciò che sappiamo è che, di 94 anni di vita, oltre 50 li trascorse in detenzione.

Di monsignor Shi abbiamo un gradito ricordo attraverso una breve lettera che porta la data 1° agosto 2000. Ringraziando per aver accolto in Italia alcuni giovani, scriveva: «Ci siete stati d’aiuto con grande amore e pazienza. La vostra attenzione nei loro confronti ed il vostro sostegno sono stati di grande incoraggiamento nella loro formazione verso il sacerdozio. La vostra amicizia fraterna ci ha fatti profondamente contenti. Il Signore vi benedica e vi dia salute, forza e grazia per compiere ciò che piace al Signore». MM