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Debito “non sostenibile” come i vizi che lo nutrono

Inizierà a Samoa, in mezzo al Pacifico, farà il giro del mondo, e terminerà 24 ore dopo nell’adiacente Samoa Americana la “staffetta della luce” il 24 maggio prossimo, decimo anniversario dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sulla cura della casa comune. Nella lontana Oceania solo ora stiamo prendendo coscienza del fatto che l’iniziativa fa parte della campagna Turn Debt into Hope (Trasforma il debito in speranza), lanciata da Caritas Internationalis il 23 dicembre 2024, un giorno prima dell’apertura dell’anno giubilare. Al n.16 della Bolla di indizione dell’Anno Santo Spes non confundit (La speranza non delude) il Papa fa infatti appello ai Paesi più ricchi perché condonino ai Paesi poveri soprattutto i debiti che non potranno comunque pagare. «Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace – dice Francesco – impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati».

Caritas Internationalis dice che oltre cento Paesi oggi devono fare i conti con la crisi del debito. Il 60% della nazioni con basse entrate saranno presto nell’impossibilità di onorarlo. Quarantotto Paesi in via di sviluppo spendono di più in interessi sul debito che per l’istruzione e la salute della loro popolazione. In questi Paesi vivono 3,3 miliardi di persone. Le nazioni ricche sono più indebitate di quelle povere, ma queste pagano tassi di interesse più alti. La campagna Caritas fa appello ai governi e alle istituzioni finanziare internazionali con tre obiettivi. Il primo è di cancellare o trovare una soluzione al debito contratto a condizioni ingiuste e ineguali e non sostenibile. Il secondo è di prevenire ulteriori crisi del debito andando alle radici delle sue cause e riformando il sistema finanziario globale in modo da dare la priorità alla gente comune e alla salute del pianeta. Il terzo obiettivo è di stabilire presso le Nazioni Unite una politica del debito trasparente, vincolante e comprensiva. Una petizione a sostegno della campagna può essere firmata online a https://turndebtintohope.caritas.org/

Un particolare obiettivo è la cancellazione del “debito non sostenibile”, nel senso che non può essere in alcun modo restituito a causa della povertà della nazione che lo ha contratto. Caritas Internationalis nel 2025 porterà la petizione ovunque «i leader mondiali si incontreranno a discutere di politica ed economia. In giugno, ad esempio, al G7 in Canada. In novembre al G20 in Sud Africa e alla Cop30 in Brasile. Questi incontri internazionali rischiano di ignorare le preoccupazioni della gente comune e delle comunità sul territorio. La nostra petizione – dice Caritas Internationalis – proverà ai leader mondiali che voi e le vostre comunità volete vedere qualcosa sul fronte del debito economico ed ecologico».

Circa cinquanta organizzazioni della società civile e delle Chiese sostengono la campagna di Caritas Internationalis. Dalla lista però sono assenti i Paesi dell’Oceania. Una pecca a cui le Caritas nazionali della regione cercheranno di porre rimedio o di non vedere ripetersi questa assenza nel caso di iniziative simili in futuro. Il problema del debito non è forse qui così acuto, ma non è certo assente. I dati a disposizione dicono, ad esempio, che in Papua Nuova Guinea è passato da 9 a 16 miliardi di dollari dal 2019 al 2024. La corruzione e la mala gestione interna contribuiscono al problema, che forse – e senza forse – è la prima questione da affrontare nella crisi del debito.

https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/debito-non-sostenibile-come-i-vizi-che-lo-nutrono?

Padre Giorgio Licini è missionario del Pime in Papua Nuova Guinea, già segretario generale della Conferenza episcopale del Paese

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