Felici gli occhi che vedono
Un mattino m’incammino verso le Piccole Sorelle per celebrare l’Eucaristia. Sento sotto i portici un fracasso. Lontano cento metri, un uomo batte con un bastone saracinesche, porte e muri e grida frasi incomprensibili. Ho paura ad avvicinarmi. Passo dall’altra parte della strada. Mi vede e mi viene incontro. Allora gli vado incontro anch’io col sorriso più angelico che posso fare e gli tendo la mano. S’avvicina, ci guardiamo, mi dà la mano e pone la guancia sulla mia spalla destra come si fa tra amici. Poi continua la sua strada. Lo guardo ancora: si siede sul marciapiede e piange. Durante l’Eucaristia parlo a Gesù di lui.
Questo momento mi è rimasto impresso e mi sono domandato che cosa potesse significare per la mia vita qui a Touggourt, dove incontro tante persone. Alcune mi chiedono un aiuto scolastico, altre si confidano e raccontano la loro vita. Mi vedono come una persona con la quale vivere momenti di dialogo e relazione amichevole. Molti hanno vissuto coi Padri Bianchi, con le Suore Bianche e con le Piccole Sorelle tanti momenti di vita insieme, di lavoro, di scuola, di divertimento, di formazione. Le Piccole Sorelle hanno accolto nella loro casa parecchie partorienti. Molti abitanti di Touggourt mi dicono con gioia che sono nati nelle loro mani e si considerano loro figli. Ora tutte queste persone mi vedono e mi accolgono col clima di famiglia, che si è creato in tanti anni di presenza e di servizio da quanti mi hanno preceduto.
L’incontro con quell’uomo che urlava, lo sento come un’immagine-simbolo di tanti momenti vissuti da Gesù nei suoi incontri con la gente e vissuti poi da tanti discepoli di Gesù durante i secoli e in tutto il mondo. Gesù incontra il cieco nato, Francesco incontra il lebbroso…
L’amore vissuto unisce, lenisce, rimette in cammino.
Quante ore passo ad ascoltare e a farmi sentire vicino…
Alla base di questo modo di vivere a contatto con persone di culture, religioni, lingue diverse e bisognose d’aiuto e di calore umano, c’è un principio di fede che permette di vedere, di sentire in un modo nuovo. È la contemplazione di cui parla Gesù: «Felici gli occhi che vedono». «Vedono ciò che molti profeti e giusti hanno desiderato di vedere». È vedere Gesù vivente, attivo, presente e che ti tende la mano e ti abbraccia.
Questa contemplazione è stata la prima attività della Chiesa: la preghiera. Cioè vedere e sentire con Dio tutto ciò che arriva nelle nostre vite di ogni giorno. Trovare Dio in ogni creatura, in ogni fratello.
«Il primo frutto della contemplazione – dice il biblista trevigiano don Antonio Marangon – è di suscitare la speranza e la fiducia nei confronti della razza umana e della nostra vita quotidiana».
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