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Fratel Kevin

Si chiacchiera, andando verso Singra per celebrare la Messa con la gente del villaggio, a tre mesi  dalla scomparsa di p. Enzo Corba. P. Quirico, lungo la strada, indica alcune casette seminascoste dagli alberi: “E’ un villaggio che si sta preparando, fra non molto parecchie famiglie verranno battezzate. Da anni le segue molto bene una catechista santal, fedele tutte le domeniche nel visitarli, insegnare, dirigere la preghiera. Li ha proprio presi a cuore. Ma il primo contatto, come per tanti altri villaggi, avvenne grazie a Fratel Kevin Hasda, un santal, che era proprio un francescano DOC…”. E mi racconta la sua storia. Di famiglia non cristiana, studia in classe ottava (terza media) e risiede all’ostello della missione, quando gli capita tra le mani un libro su s. Francesco d’Assisi che lo affascina. Legge, rilegge, e decide: voglio essere come lui. Ne parla con P. Cavagna, che gli dice di prenderla con calma: vada avanti fino alla classe decima, poi si vedrà. Ma Kevin non vuol perdere tempo. Non ci sono i Francescani in Bangladesh? Vado a cercarli in India. Tanto fa e tanto dice, che p. Cavagna gli dà una lettera di presentazione, unica sua ricchezza quando, solo soletto, passa il confine… Ce la fa. Trova un convento del TOR (Terz’ordine Regolare di S. Francesco), si fa accettare. Come Francesco, non vuole diventare prete, ma religioso che si dedica a predicare Gesù in mezzo alla gente, senza pulpiti, augurando pace. Lo farà fedelmente per anni e anni, prima in India e poi, quando la Congregazione lo manda, in Bangladesh. Cammina, cammina, fa amicizie, segnala al Padre chi è interessato ad avvicinarsi alla Chiesa, scova i villaggi più remoti e isolati. “E’ morto pochi anni fa, era della stessa pasta di lei” conclude p. Quirico, e fa cenno a suor Luigina Ekka, orao, che sta sonnecchiando sul sedile posteriore. Anziana, con tanti dolori, ma anche lei per anni e fino ad ora instancabile viandante del vangelo fra gli aborigeni del Bangladesh…

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