L’economista uiguro ha vinto oggi il Premio Sakharov, riconoscimento che il Parlamento europeo assegna ogni anno a chi si batte per la tutela della libertà di espressione e dei diritti umani
Questa mattina il presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha annunciato che il vincitore dell’edizione 2019 del premio Sakharov – una sorta di equivalente europeo de premio Nobel – per la pace è Ilham Tohti. Uiguro, della regione dello Xinjiang, quasi cinquantenne e professore di economia: da vent’anni si spende per la difesa della sua minoranza etnica, gli uiguri appunto, vittime di una dura repressione da parte del governo centrale cinese. Tothi stesso per questa battaglia si trova in carcere. Come raccontavamo diffusamente in questo articolo, infatti, gli uiguri sono una popolazione turcofona e musulmana stanziata nel nord ovest della Cina, nel mirino di una campagna antiterrorismo che di fatto ha il volto di un processo di assimilazione forzata.
L’annuncio dell’Europarlamento – che va a premiare una figura già insignita di diversi riconoscimenti internazionali tra cui il premio per la Libertà del 2017 e la candidatura al premio Nobel per la pace di quest’anno – è stato accompagnata da un tweet di David Sassoli inc ui viene chiesta la scarcerazione immediata dell’attivista. Tohti è stato infatti imprigionato una prima volta nel 2009, per poi essere rilasciato poco tempo dopo. Nel 2014, però, è stato condannato all’ergastolo e attualmente si trova ancora in prigione con l’accusa di “separatismo”.
Anche il Consiglio d’Europa lo ha insignito del premio Vaclav Havel per i diritti umani, e oggi l’Europarlamento loda il suo essere una voce moderata e a favore della riconciliazione. Da due decenni, infatti, oltre a chiedere una qualche forma di autonomia per lo Xinjiang, ha instancabilmente lavorato per favorire il dialogo tra la propria etnia e quella han, cioè quella maggioritaria che fa riferimento a Pechino.
La difesa dei diritti degli uiguri si è poi concretizzata anche con una piattaforma in rete che Tohti ha fondato nel 2006. Si chiama Uyghur Online ed è un sito di discussione sulla questione degli uiguri chiaramente molto critico nei confronti del governo cinese. Impensabile per Pechino che possano esserci divisioni di alcun tipo all’interno del Paese; secondo le denunce di Human Rights Watch gli attivisti uiguri sono internati in quelli che le autorità cinesi definiscono come dei semplici centri di formazione.
Ora ci si chiede se Pechino possa accogliere la richiesta di scarcerare l’attivista. Già il premio Nobel per la Pace Liu Xiaobao non venne mai rilasciato e restò agli arresti quasi fino alla morte, avvenuta nel 2017. La risposta quindi è tutt’altro che scontata.