«Sono cristiano, sono prete, e vivo in un Paese musulmano. Non ho paura. Perché?». Dall’Algeria la riflessione di un missionario del Pime in queste ore drammatiche
Sono cristiano, sono prete, e vivo in un Paese musulmano. Non ho paura. Perché?
«Basta anche un solo uomo degno di questo nome per poter credere ancora nell’uomo, nell’umanità». È un problema di questa nostra epoca. L’ odio feroce che proviamo verso i musulmani avvelena un po’ alla volta i nostri cuori. «Dovremmo estirparla, questa brutta razza, distruggerli fino all’ultimo». Ci capita di ascoltarlo tutti i giorni nelle conversazioni e a volte abbiamo la sensazione di non poter più vivere in questa epoca maledetta. Fino al giorno in cui mi è venuto all’improvviso questo pensiero liberatorio: se anche fosse rimasto un solo musulmano rispettabile, sarebbe comunque degno di essere difeso contro tutta l’orda dei barbari, e la sua esistenza vi toglierebbe il diritto di scaricare il vostro odio su un popolo intero.
Non significa alzare bandiera bianca davanti al terrorismo: siamo assolutamente indignati di fronte a questi fatti, cerchiamo di capire, ma non c’è niente di peggio di un odio globale, indifferenziato. È una malattia dell’anima.
L’ odio non fa parte della mia natura. Se (grazie a questa epoca) dovessi un giorno davvero provare un vero odio, ne sarei ferito nella mia anima e dovrei cercare di guarire al più presto.
(Grazie Etty Hillesum!)
Nell’immagine: un’icona che rappresenta i martiri copti sgozzati pochi mesi fa su una spiaggia della Libia