Debutta al Teatro del Pime di Milano il nuovo musical della Mangrovia, che parte da storie di vita quotidiana per parlare di accoglienza.
Un condominio, tante famiglie che lo abitano, persone che non potrebbero essere più diverse tra loro, ciascuna con le sue cose da fare e i suoi pensieri. Un giorno arriva la notizia che il sindaco ha deciso di accogliere una famiglia straniera. Bellissima iniziativa, dicono i condomini. Ma quando si scopre che la vuole accogliere proprio in quel palazzo… subito l’idea appare molto meno buona. Solo una coppia di giovani sposi, per di più in attesa di un bambino, è entusiasta del progetto e decide quindi di provare a convincere tutti gli altri della bellezza di quell’arrivo.
“Mondominio”, il nuovo musical della Mangrovia, che debutta al Teatro Padre Piero Gheddo di Milano il 30 marzo, inizia così. In un posto normale, con delle persone normali e una storia, quella dell’accoglienza allo straniero, che ormai siamo abituati a sentire. Ma i ragazzi della compagnia teatrale del Pime hanno realizzato uno spettacolo che spezza l’assuefazione e vuole dare un grosso scossone alle coscienze. Mauro Massazza, 41 anni, autore della gran parte dei dialoghi, ci ha raccontato com’è nata l’idea. «Stavamo già ragionando ad un musical ambientato in Italia, ma la molla è scattata per via di un episodio vissuto di persona nel mio condominio. Una sera stavo entrando dal cancello mentre la signora che vive sul mio stesso pianerottolo usciva. Mi ha sbarrato il passo, chiedendomi in malo modo dove stessi andando: non mi aveva riconosciuto. «A casa mia», le ho risposto. «Sì, dicono tutti così», mi ha detto. Da quel momento ho iniziato a riflettere sull’accoglienza in senso più generale, quella che non è necessariamente dello straniero, ma tra le persone che vivono vicine senza incontrarsi davvero, senza nemmeno riconoscersi».
Un’idea tira l’altra e pian piano lo spettacolo ha iniziato a prendere forma. Grazie anche alla collaborazione di tanti membri della Mangrovia che hanno contribuito a scrivere testi e canzoni. «Lo spirito della compagnia è proprio quello di condividere, di dare spazio alle capacità di tutti», spiega Mauro. «C’erano tanti ragazzi che si sentivano toccati dall’argomento e volevano esprimersi. Abbiamo solo dato loro la possibilità di farlo e i talenti che sono emersi sono stati sorprendenti. I testi delle canzoni che hanno scritto sono davvero di alto livello, di certo sono una delle cose che più colpirà il pubblico».
Su questo è d’accordo anche Chiara Giudici, 22enne che interpreterà Laura, la giovane protagonista. «Mamma mia! Le canzoni sono davvero spettacolari. Recito dalla quinta elementare e ho fatto altri musical, ma questa volta gli autori sono stati davvero bravi. Questo è il bello della Mangrovia: ognuno si mette in gioco con quel che sa e può fare, contribuendo alla buona riuscita del progetto».
Le chiediamo quali sono secondo lei i punti più validi dello spettacolo. «“Mondominio” è più divertente di “Vento”, il nostro precedente lavoro, ma è anche pieno di spunti di riflessione. Senza però mai diventare pesante. Credo che sia molto ben bilanciato: le scene comiche arrivano al momento giusto a spezzare le parti più serie, ma persino nelle battute si può cogliere uno spunto per far nascere una domanda. Secondo me la carta vincente sarà proprio il fatto che il messaggio può arrivare al pubblico in mille modi diversi».
Ma qual è questo messaggio? Dove sta la missione, in un condominio italiano? «Il cuore dello spettacolo è ovviamente l’accoglienza, ma non vogliamo fare politica o schierarci», dice Mauro. «Con “Mondominio” vogliamo semplicemente toccare sul vivo le coscienze. È facile dire che accogliere è giusto o sbagliato; ma cosa succede quando ti devi mettere in gioco per forza? Quando devi prendere posizione e aprire le porte a chi vive proprio accanto a te?». In questo il teatro è un mezzo formidabile, conferma Chiara: «Dal palcoscenico al pubblico passano tante emozioni. La recitazione dà tanto, arriva più in profondità e colpisce molto più che vedere un fatto di cronaca, per quanto tragico, al telegiornale. Anche perché le persone sul palco sono vere».
E la missione, spiega Mauro, c’entra eccome: «Non tutti sono chiamati a essere missionari in Guinea Bissau o in Brasile. Alcuni devono esserlo qui e aprirsi al prossimo è il primissimo passo del missionario. Quello dell’accoglienza non dev’essere solo un discorso che riguarda i migranti, perché in realtà tocca tanti aspetti della nostra vita di tutti i giorni. Penso all’anziano che vive da solo, ai pregiudizi verso chi non conosciamo, magari solo per come è vestito, a chi non vuole ascoltare il proprio vicino, alle persone che accettano gli altri, sì, ma solo con le loro regole… “Mondominio” parte dall’esempio eclatante della famiglia straniera che va accolta, ma poi attraversa tutte le situazioni in cui siamo chiamati a essere missionari in Italia».
È Chiara a portarci un esempio concreto. Laura, il suo personaggio, aspetta un bambino ed è preoccupata di questo nuovo arrivo e del suo futuro. «La canzone “Ninna mamma” racconta queste preoccupazioni, ma poi Laura e il marito arrivano a esprimere la bellezza di avere un figlio, la determinazione a crescerlo al meglio, offrendogli tutto il possibile… È un tipo di accoglienza anche questo, e quella di essere mamma è una missione. Infatti quella canzone è piena di speranza e di gioia… credo che mi commuoverò cantandola».
«Se “Vento” era un musical che spingeva a uscire, questo spettacolo fa fare il passo successivo: invita ad aprirsi», spiega Mauro. «Ma obbliga anche a mettersi di fronte all’evidenza, a dei fatti concreti a cui bisogna rispondere. Ormai siamo arrivati a un punto in cui non è più possibile vedere un’ingiustizia e passare oltre. Con “Mondominio” vogliamo dire che è il momento di prendere delle decisioni, pur conoscendo i nostri limiti, ma senza mai arrenderci di fronte al male che vediamo nel mondo. Vorremmo riuscire a stimolare soprattutto i giovani, per i quali questa scelta è davvero urgente e importante. Devono trovare il coraggio di prendere una posizione: tendere la mano o nascondersela in tasca».