L’America del futuro

IL COMMENTO
Il Papa in questi giorni sta ricordando a un’America al bivio i valori della sua storia che la rendono ancora un’attrattiva per tanti 

L’America ha molte anime, ma un valore comune: libertà per tutti! Premia il merito, l’iniziativa e le capacità personali. Nel ventesimo secolo è arrivata prima sulla luna, ma soprattutto ha dominato il mondo. I grandi conflitti militari e le contrapposizioni ideologiche sono state decise dalla posizione e dalla discesa in campo dell’America. Prima e seconda guerra mondiale, nazi-fascismo, comunismo sovietico e cinese, improbabili califfati irakeni, libici e qaidisti, tutto è durato una stagione e poi è passato soprattutto grazie alla determinazione americana e al sacrificio di centinaia di migliaia di loro ragazzi su tutti i campi di battaglia. Le vittime avrebbero potute essere di meno e le distruzioni dei bombardamenti sull’Europa, sul Giappone, il Vietnam, la Cambogia, l’Iraq e la Siria molto più contenute, ma l’uso eccessivo della forza e l’ingiustificata fiducia nella medesima è forse proprio caratteristica di individui e comunità in stato ancora più adolescenziale che giovanile. L’America appunto.

Nello scenario mediorientale attuale di conflitto ad alta o bassa intensità tuttavia la forza bruta non è più la soluzione del problema. Arabi e musulmani non sono come i giapponesi, che si arrendono dopo la distruzione atomica di due città nel timore che l’imperatore e tutto il paese pure periscano. Arabi e musulmani più radicali ed ideologizzati  combattono fino all’ultimo uomo. La loro mentalità di lotta non prevede la resa formale. Solo il paradiso. E gli americani non sono più disposti a sacrificare il loro ragazzi nella sabbia. Combattono solo dal cielo, più per contenere che per sconfiggere. L’America non vincerà più altre guerre con le armi.

Meglio così. L’America deve infatti reinventarsi in un mondo popolato ormai da più potenze reali: in pratica tutte quelle in possesso del deterrente nucleare anche se malconce, riguardo a tutto il resto, come la Corea del Nord. Se vuole continuare a vincere, e quindi a preservare la sua esistenza e libertà e garantire anche quella del pianeta, l’America non deve più puntare sulle armi e sull’esercito, ma sulla diplomazia e sulla cultura. Con i recenti accordi con l’Iran, con Cuba e le trattative in corso con la Cina contro la guerra cibernetica la strada sembra aperta.

Le Nazioni Unite sono paralizzate dalla contrapposizione interna sulla Siria e dall’apparente limite personale del Segretario generale in carica. Solo l’America può colmare ancora un volta il vuoto grazie alle maggiori credenziali di democrazia, coesione interna e risorse rispetto all’Europa, alla Russia e alla Cina. Sarebbe un errore tornare, come promettono ora i candidati repubblicani alla presidenza, alla politica delle cannoniere.

Le armi non bloccano i migranti. Li creano. Non riducono l’inquinamento atmosferico. Non risolvono i problemi delle immense periferie urbane. Non creano occupazione giovanile. Non fermano neanche il contagio del fondamentalismo etnico, religioso o culturale. Ma sono proprio queste le cause delle guerre che non possono essere vinte con le armi.
L’America può decidere di eclissarsi o di vivere ancora uno o più secoli da protagonista sulla scena mondiale. Ma ha bisogno di una precisa politica per la pace e il benessere del pianeta così come in passato l’ha avuta per gli armamenti, la guerra, il contenimento e la dissuasione contro le diverse manifestazioni della follia ideologica.

Una mano la sta dando all’America il Papa in questi giorni. Le ricorda uno ad uno i valori che la rendono un’attrattiva per tanti, a volte vissuti sino in fondo altre solo a metà: accoglienza, libertà, compassione, opportunità per tutti, famiglia, cura dell’ambiente; una certa fermezza, anche militare, ma ancor più ascolto, dialogo e trattativa. Una strategia più concreta, efficace e indispensabili nel nuovo millennio.  Tale da garantire ancora all’America uno spazio di proposta internazionale, un ruolo ed un posto che non sia solo sulla carta geografica. Il Papa ricorda all’America anche ciò su cui è in ritardo, perché un segmento significativo della sua popolazione rimane ancorato a disvalori anti-cristiani: il profitto per il profitto, la passione insana per le armi, la pena di morte vendicativa e sprezzante.
Non bastano gli arsenali nucleari, che non scoraggiano ormai più nessuno dal creare seri problemi agli altri, a mantenere la pace. Serve anzi un considerevole sforzo culturale per capire più a fondo le dinamiche etniche, religiose e culturali, garantire ovunque il pluralismo egli interessi di tutti ed affrontare i conflitti con risorse umane, intellettuali e spirituali indubbiamente superiori a quelle militari. E’ questa l’America del futuro. Se America (migliore) ancora ci sarà.