Dal Banco alimentare agli orti urbani comunitari, alcuni progetti provano a dare una risposta al problema della malnutrizione che, in Brasile, riguarda ancora oggi 13 milioni di persone
Circa 13 milioni di persone vittime di povertà estrema, che patiscono la fame o soffrono di denutrizione. Succede nel Brasile del boom economico, dove le promesse – non tutte mantenute – della crescita del Pil hanno fatto dimenticare che, tuttora, moltissimi cittadini non sono in grado di garantirsi un’alimentazione adeguata. Non perché il cibo nel Paese manchi, ma per l’impossibilità a procurarselo dettata dalla mancanza di mezzi economici. E questo nonostante alcuni indicatori positivi: secondo il rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sulla riduzione della povertà, il Brasile, negli ultimi anni, ha visto calare del 50% la popolazione che soffre la fame e del 75% quella che vive in condizioni di povertà estrema. Il Paese è il quinto maggior produttore mondiale di prodotti agricoli. Secondo i dati dell’lnstitute for International Trade Negotiations, la produzione negli anni 2012 e 2103 ha raggiunto i 100 miliardi di dollari, mentre le esportazioni sono cresciute, portando il Brasile dal quinto al terzo posto nel mondo. Tuttavia, gran parte dei prodotti esportati sono utilizzati per alimentare gli animali dei Paesi sviluppati.
Fattori ambientali e grandi estensioni contribuiscono al successo dell’agricoltura brasiliana. Ma, nonostante il progresso tecnologico e gli incentivi, ci sono ancora regioni che non hanno investimenti economici sufficienti per migliorare la loro produzione. La mancanza di una politica pubblica adeguata alle necessità dei piccoli agricoltori li costringe ai margini dello sviluppo agricolo.
Per Selvino Heck, segretario esecutivo della Commissione nazionale dell’economia agricola e della produzione organica (Cnpo), «la fame non è un evento naturale, ma la conseguenza di precise scelte politiche, sociali ed economiche». E aggiunge: «Esiste uno spreco di cibo perché mancano le infrastrutture che potrebbero renderlo effettivamente disponibile alla gente, come strade o mezzi di trasporto». Heck afferma che esiste anche una cultura dello spreco che incomincia dentro casa, quando il cibo che avanza viene sistematicamente buttato nella spazzatura. E conclude: «Esiste una situazione di spreco soprattutto nei ristoranti e negli hotel… È una cultura, una visione consumista tipica di chi crede che, avendo pagato, abbia il diritto di sprecare. È già stato creato un Banco alimentare per il riutilizzo del cibo avanzato in ristoranti, alberghi, scuole, istituzioni in generale, che viene redistribuito. È, tuttavia, necessario ripensare a una scala di valori in cui ciascuno si senta responsabile, solidale, consapevole che il cibo di cui dispone in abbondanza è quello che manca agli affamati».
L’ultimo censimento riguardante l’agricoltura e l’allevamento nel Brasile, effettuato dall’Istituto brasiliano di geografia e statistica nel 2006, ha constatato che l’84,4% delle aziende agricole del Paese sono a conduzione familiare, occupano il 24,3% dell’area coltivata e impiegano il 74,4% della manodopera. Nonostante i piccoli agricoltori coltivino modesti appezzamenti, producono l’87% della manioca, il 70% dei fagioli, il 46% del granoturco, il 34% del riso (tutti alimenti tipici della dieta brasiliana), oltre al 58% del latte, il 50% del pollame e il 59% dei maiali. Una produzione che corrisponde a 173,47 miliardi di reais, pari al 9% del prodotto interno lordo del Paese.
Per José Graziano da Silva, direttore generale della Fao, «è necessario recuperare il duplice potenziale che l’agricoltura familiare possiede: quello di sradicare la fame e di conservare le risorse naturali – elementi centrali di un futuro sostenibile che si impone all’agenda del XXI secolo. Non stiamo parlando di una nicchia esotica, ma di un patrimonio di pratiche sostenibili insite nel ritmo vitale di più di 500 milioni di piccole proprietà nel mondo […]. La preservazione delle risorse naturali è radicata nella logica dell’agricoltura familiare. Salvaguardare la biodiversità, contribuire all’adozione di diete più sane ed equilibrate e preservare le coltivazioni tradizionali scartate dall’agricoltura su vasta scala, costituiscono non tanto una risorsa per il marketing, ma un patrimonio di sopravvivenza secolare».
L’Onu aveva dichiarato il 2014 “Anno internazionale dell’agricoltura familiare contadina e indigena” (Aiaf). L’iniziativa era volta a creare tra i governi, i movimenti sociali e le comunità che hanno una relazione stretta con l’agricoltura familiare, un collegamento che permetta di avviare percorsi di sensibilizzazione, nonché politiche pubbliche di appoggio a questo tipo di agricoltura. Secondo il Comitato brasiliano per l’Aiaf, l’iniziativa aveva come scopo principale quello di «garantire all’umanità il cibo di cui necessita e la conservazione delle risorse naturali. Benché l’agricoltura familiare versi, nella maggior parte dei casi, in condizioni di precarietà, gli agricoltori, se debitamente assistiti da politiche pubbliche elaborate in collaborazione con le organizzazioni che li rappresentano, possono e devono essere i principali attori nello sradicamento della fame, nella conservazione delle risorse naturali e della biodiversità».
Il Rapporto sullo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo pubblicato dalla Fao in collaborazione con il Fondo internazionale dello sviluppo agricolo (Ifad) e il Programma alimentare mondiale Pam) afferma che il Programma Fame Zero, lanciato nel 2003 dal governo federale brasiliano, si è dimostrato un fattore decisivo perché il Paese raggiungesse la meta della riduzione della fame e della povertà. Il ministero della Sicurezza alimentare era responsabile del Programma, il quale permetteva ai destinatari di usare il denaro ricevuto solo per comprare cibo. Oltre alla lotta contro la fame e la povertà, l’iniziativa aveva come obiettivo quello di creare soluzioni che contrastassero le cause della fame, come, ad esempio, generare posti di lavoro, promuovere una riforma agraria e sostenere l’agricoltura familiare. Purtroppo, dopo alcuni anni, il Programma si è trasformato nella “Borsa-Famiglia”, inglobando tutte le azioni finalizzate alla riduzione della povertà. Il Brasile ha investito, nel 2013, circa 35 miliardi di dollari in azioni per diminuire la povertà.
Un’altra iniziativa interessante è stata quella del Comune di Belo Horizonte, nel Minas Gerais. Nel 1993 è stato creato il “Programma Approvvigionamento”, che consisteva nell’offrire alla popolazione prodotti ortofrutticoli di qualità, ma a un prezzo accessibile, in media il 30% più basso, facilitando così l’accesso a questi alimenti. Il Programma è, inoltre, riuscito a diminuire lo spreco attraverso il Banco alimentare. Nella zona est di San Paolo, invece, è nata nel 2004 l’Organizzazione “Città senza fame”. In quest’area vivono 3,3 milioni di persone, di cui circa 360 mila senza lavoro. È in questo contesto che è nato un progetto di orti comunitari urbani, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale dei gruppi vulnerabili attraverso l’orticoltura e di contribuire all’alimentazione di bambini e adulti. L’organizzazione agisce con vari interventi sia a San Paolo che nel Sud del Brasile. Innanzitutto, attraverso l’agricoltura urbana, il progetto trasforma terreni pubblici e privati della periferia est di San Paolo in orti comunitari. Attualmente sono stati creati 21 orti in cui lavorano 115 persone, con metodi di produzione organici, senza l’uso di prodotti agro-tossici. I beneficiari sono loro stessi e le loro famiglie. Inoltre, sono stati realizzati 17 orti in scuole pubbliche, contribuendo a migliorare significativamente l’alimentazione dei bambini. Il programma coinvolge gli alunni, i genitori e i maestri che, insieme, sviluppano una maggiore sensibilità circa l’alimentazione sana e la relazione uomo-ambiente.
Sono state realizzate anche delle serre, costruite utilizzando materiali alternativi, che abbattono i costi di circa il 50%, senza compromettere la qualità. Le serre garantiscono una produzione durante tutto l’anno e un guadagno regolare. Infine, sono stati promossi anche piccoli progetti di agricoltura familiare. In particolare, nella zona rurale del municipio di Agudo, nello Stato del Rio Grande del Sud, sono state trasferite le stesse esperienze sviluppate nella città di San Paolo.
Questi progetti sono solo un piccolo segno in un Paese grande come il Brasile, che ha una superficie di 8.515.767 chilometri quadrati e una popolazione di 203,8 milioni di abitanti. Tuttavia se questo tipo di strada sarà “coltivato” con intelligenza e costanza, potrà dare molti frutti – e molto cibo! – a tutti i brasiliani. MM