Con l’assegnazione del Premio Nobel per la pace 2018 al medico congolese Denis Mukwehe e all’attivista yazida Nadia Murad si accendono i riflettori su uno dei volti più orribili delle guerre che spesso su «Mondo e Missione» abbiamo raccontato
È una scelta che non ci lascia indifferenti il Premio Nobel per la pace 2018 assegnato oggi al medico congolese Denis Mukwege e all’attivista yazida Nadia Murad. Non ci lascia indifferenti perché su questo sito abbiamo denunciato spesso il dramma delle violenze sessuali utilizzate come arma sistematica nelle guerre di oggi, il tema che il comitato Nobel dichiaratamente pone all’attenzione nella motivazione di questo Premio Nobel. E non ci lascia indifferenti anche perché entrambe le storie che questo premio pone al centro dell’attenzione Mondo e Missione le ha già raccontate ai suoi lettori.
L’ospedale del dottor Denis Mukwege – in particolare – siamo andati a vederlo di persona a Bukawu, toccando con mano l’opera coraggiosa di questo medico che prova a ripartire dalla dignità delle donne per ricostruire oltre le macerie di una guerra dimenticata.
Leggi qui il profilo che Anna Pozzi tracciava di Denis Mukwege su Mondo e Missione già nel 2013, in uno dei tanti momenti in cui questo medico ha dovuto affrontare gravi minacce per il suo lavoro.
Quanto alle donne yazide dietro alla storia di Nada Murad c’è quella terribilmente simile di tante altre donne oggetto di una violenza mostruosa da parte dell’Isis.
Leggi qui ad esempio la testimonianza della ventiduenne Farida Khalaf che Chiara Zappa ha raccontato nel suo libro «Anime Fiere», dedicato alla resistenza delle minoranze in Medio Oriente.
Leggi questo articolo di Maria Tatsos che nel 2016 – nel pieno del dramma – dava voce su questo sito all’odissea delle 3200 donne yazide allora prigioniere.
A loro oggi vogliamo idealmente aggiungere anche le donne del Sud Sudan, altro Paese che ha vissuto la tragedia di una durissima guerra dove le donne hanno pagato un prezzo pensatissimo come denunciavamo in questo articolo di Anna Pozzi. Oggi che il Sud Sudan sta provando con fatica ad avviarsi sulla strada della pace il nostro auspicio e questo Nobel aiuti a non dimenticare la sofferenza patita anche da queste vittime.