Per un mondo più “umano”
Durante l’anno 2013-2014, abbiamo riletto la nostra presenza in Algeria come discepoli di Gesù che ci ha invitati a rivederlo nei poveri. Gesù sentiva compassione profonda per la povertà e l’ingiustizia che trasformavano gli esseri umani in esseri anonimi senza nome e passato. Come sono oggi i migranti chiamati “senza documenti” o “clandestini”. La realtà dei poveri ci rivela le linee di frattura, quelle della società e quelle della Chiesa. Siamo chiamati a essere attenti alle chiamate profonde delle persone e a rivedere, ripensare e riorientare le attività abituali della Chiesa.
Papa Francesco ci chiama a un cammino di conversione evangelica. Il servizio presso gli emarginati apre il cuore alla scoperta sempre nuova di Gesù nei poveri, nei piccoli, quelli che mettono la loro fiducia nel Dio unico in Gesù e che formano il popolo delle Beatitudini. Accostando i poveri, le forme di servizio diventano sempre nuove e ci domandiamo come allargare lo spazio della loro presenza nella nostra vita personale e collettiva (comunitaria, parrocchiale, diocesana).
Oggi nella nostra Chiesa ci accorgiamo di novità importanti di presenza: migranti, studenti sub-sahariani, cristiani algerini, operai stranieri, prigionieri.
Ognuno di noi è chiamato a spostarsi, ad avvicinarsi interiormente per meglio “conoscere l’altro” e “meglio capirlo”. Nella Chiesa non ci sono “stranieri”, né “ospiti di passaggio”. Non c’è chi è al centro e chi è in parte, ma siamo, come dice San Paolo: «concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio» (Ep 2, 19). Dobbiamo trovare il nostro posto accanto a loro e raccogliere la saggezza preziosa di chi vive in margine. Essi possono insegnarci ciò che hanno imparato per vivere e per sopravvivere: esilio, creatività, solidarietà, energia di resistenza e gioia di vivere.
I migranti riconoscono l’amore della Chiesa per raggiungerli, accoglierli, visitarli anche in prigione. Anche gli operai stranieri vivono una vita difficile, per molti una vita come celibi. Anche nelle loro autostrade in costruzione, nelle officine o nelle basi in mezzo al deserto… anche di lì passa Gesù.
Numerose famiglie povere, ammalati, handicappati, bambini, anziani… sono loro i soggetti delle nostre visite, di accompagnamento e di cure, insieme ai soci attivi delle associazioni dell’Algeria e a persone di fede diversa. Avviene un dono, un’accoglienza reciproca. Non si dona solamente, ma anche si riceve. Insieme, gli uni e gli altri, ci umanizziamo, facendo questo mondo più umano.
Articoli correlati
Mare Mosso
E’ trascorso un mese dal mio arrivo in Bangladesh. Sapevo che dallo scorso luglio la vita di questo grande paese con …
Dall’Iran all’Italia per arrivare alle Olimpiadi di Parigi
Nella squadra olimpica dei rifugiati, ci sono anche due giovani iraniani, Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour, che in I…
Ritorno
Eccomi qui, di nuovo con una “scheggia” certamente inattesa: la precedente, numero 239, risale a più di un anno fa: n…